domenica 26 dicembre 2010
Parole di Luis Alberto Garcia
Anche se ho ricevuto un invito via e-mail e diversi sms di amici per andare al Premio Nazionale delle Belle Arti concesso alll'artista René Francisco, non ci sono andata. Da quel concerto di Pedro Luis Ferrer in cui ho scoperto che il mio ingresso al Museo Nazionale di Belle Arti e ad altre istituzioni della cultura cubana era stato proibito, mi ha invaso una strano "perché se c'è la bandiera, non lo so, Io non riesco ad entrare"* .
Ora il mio rapporto con l'arte del mio paese è diventato sottile e intimo, pezzi di eventi pubblici mi arrivano tramite cavi e porte USB. Probabilmente ascoltare Luis Alberto Garcia in vivo è molto più eccitante che con le cuffie nella solitudine di casa mia. Tuttavia ho deciso che finché la libertà di espressione a Cuba non sia più di una performance, io non vi parteciperò.
* Ci si riferisce alla poesia di José Marti "EL ALMA TRÉMULA Y SOLA" e ci si riferisce alla bandiera spagnola.
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El alma trémula y sola
Padece al anochecer:
Hay baile; vamos a ver
La bailarina española.
Han hecho bien en quitar
El banderón de la acera;
Porque si está la bandera,
No sé, yo no puedo entrar.
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Han hecho bien en quitar
El banderón de la acera;
Porque si está la bandera,
No sé, yo no puedo entrar.
martedì 21 dicembre 2010
C'è stato un concerto
Lo scorso week-end hanno suonato La Babosa Azul e Porno Para Ricardo in un lontano locale della periferia dell'Avana. Il concerto è stato stra bello , ancora mi fanno male le gambe di tanto ballare e sono rauca di tanto cantare “El Comandante”.Non appena i kilobyte me lo permetteranno, caricherò un video del concerto e poi mi prenderò delle ferie natalizie.
Preparando il concerto |
venerdì 17 dicembre 2010
L'etica addormentata
Il mio amico mi dice che la mia risposta è alquanto vigliacca e probabilmente ha ragione.Non mi piace dire alle persone ciò che considero etico, sono sicura che anche loro sono d'accordo con me su questi argomenti e per motivi lontani dall'etica , prendono altre posizioni.
Credo che sto diventando radicale. Quando studiavo storia a scuola mi dicevano che era qualcosa di buono. Sarà vero?
martedì 14 dicembre 2010
Placebo
Mia madre, nel frattempo, non smetteva di segnare lo spazio con quello che ha definito "cambiamento". Una volta al mese, spostava tutti i mobili nella casa da un posto all'altro. La poltrona marcia di bagassa si poteva trovare fuori all'ingresso dell'appartamento a gennaio, accanto al telefono a febbraio, tra il soggiorno e la sala da pranzo a marzo o ad aprile sul balcone. I vicini erano entusiasti con la sua perseveranza e, talvolta, quando venivano a casa gridavano: "Ma se sembra che tutto sia nuovo! Come hai fatto? ". Ora che gli anni sono passati, quella frase che mi fa venire una strana tristezza : lei impotente di fronte alla caduta del suo mondo casalingo, spostando le cose da un posto all'altro, come se così facendo potesse fermare l'inevitabile declino -io, invece, super felice al suo fianco, orgogliosa di avere una madre maga mentre le vicine simpatizzanti solidarizzavano col miraggio che lanciavamo sulla nostra crescente povertà.
La ringrazierò sempre per aver tentato, senza vacillare per un istante, di rendere la mia vita più facile in mezzo a tanti problemi : non avere le scarpe per andare a scuola, non avere un cappotto, non avere il latte per la colazione, infine, non avere assolutamente niente. Se Io fossi un giorno al suo posto spero di avere l'equilibrio di essere con me stessa e con gli altri esattamente come lo fu lei.Tuttavia non smetto di capire ora, dopo tanto tempo e nella mia età adulta, che ci siamo nutriti di un placebo infinito che non avrebbe mai risolto i nostri problemi e se guardo su larga scala, è lo stesso placebo che sta consumando la nostra nazione: cambiare le cose che non dovrebbero essere cambiate.
venerdì 10 dicembre 2010
In ginocchio
Una pagina intera del Granma del 9 novembre: trascrizione del discorso di Bruno Rodriguez sul cambiamento climatico e sulla prima pagina Raul Castro con il presidente di SudAfrica e Machado Ventura a Pinar del Río. Ovviamente, nemmeno una sola parola sulla vigilia della Giornata dei diritti umani.
Un mio amico studente di giurisprudenza mi ha mandato questo sms questa mattina: "Io sono sulla scalinata con gli studenti che sono in attesa delle Dame in Bianco. Ne sai qualcosa? Cosa si può fare? Il primo che alzi la mano vincerà un mio pugno in faccia ". Troppo cinismo, direi io, il fatto di scegliere per un atto di ripudio, proprio il 10 dicembre, gli studenti di giurisprudenza presso l'Università dell'Avana. Sono loro gli avvocati che ci difenderanno domani, coloro che oggi trascorrono il pomeriggio diffamando le donne i cui cari sono e sono stati condannati per reati di opinione?.
Cuba ha firmato le convenzioni Onu sui diritti umani. Fino a dove arriva l'ipocrisia del governo cubano quando reprimere chi la pensa diversamente? Mentre a Ginevra, il ministro degli Esteri fa delle acrobazie semantiche per giustificare il sistema totalitario che rappresenta. Per le strade di Cuba la polizia politica dimostra che i nostri diritti umani , con patti dell'ONU o senza, sono sempre in ginocchio.
giovedì 9 dicembre 2010
Quali cambiamenti?
Foto: Claudio Fuentes Madan
Ho fatto fatica a leggere le undici pagine di "Trasformazioni Necessarie nel Servizio Sanitario Nazionale".
Ho l'impressione che se togliessimo dal testo tutte le apologie ideologiche come "la direzione del nostro glorioso partito" oppure "la grande responsabilità storica che abbiamo con il futuro della patria", ne rimarrebbe al massimo tre pagine .
Purtroppo la capacità di sintesi non è mai stata una virtù di coloro che ci governano.
Come se non bastasse a peggiorare le cose, no c'è niente di concreto in quel testo tranne che degli spostamenti di équipe e del personale da un posto all'altro, il noto e prioritario aiuto "internazionalista" e una strana insinuazione che ci sono degli esuberi di medici, dico strana perché a dire il vero non me la aspettavo.
Non c'è una frase che parli specificatamente di un aumento salariale per i lavoratori del Ministero della Salute, per non parlare di una garanzia della qualità dei servizi ai cittadini.
C'è addirittura una frase delirante (semantica e grammaticalmente parlando) sull'etica medica: "La Commissione Etica Medica non deve agire come un tribunale, ma dovrebbe essere vista come una Commissione Ideologica".
Qualcuno può immaginare le conseguenze pratiche di una tale frase?
Più della stessa minestra e ancora vogliono chiamarla trasformazioni.
A volte mi chiedo se davvero, anche con la volontà politica, il governo mai riuscirà a mettere a posto la debacle che ha costantemente creato nella sanità pubblica.
lunedì 6 dicembre 2010
Gli inciampi della principessa
Foto: Claudio Fuentes Madan, de la serie "Con jamón, lechuga y petipuá"
Non è la prima volta che mi sento di dire a Mariela Castro che sarebbe dovuta rimanere in silenzio.
Una reazione molto strana in me perché di solito cerco di incoraggiare gli altri ad esprimere quello che vogliono.
Tuttavia,con lei mi riesce difficile perché la decenza, per i personaggi pubblici della politica come lei, è essenziale.
La prima volta è stata quando ha chiamato Yoani Sánchez Galletto insignificante.
E' abbastanza vergognoso che un politico insulti una giornalista per causa di una domanda scomoda ma che la figlia dell'erede dia dell'insignificante a un cittadino cubano è stato, senza dubbio, l'apice del cinismo da parte della nomenclatura.
Va chiarito che la domanda dell'autrice di Generaciòn Y non è stata così scomoda come sarebbe potuta essere e la reazione eccessiva di Mariela dimostra l'allergia che le produce la stampa libera.
A mio parere una domanda davvero difficile sarebbe stata, per esempio, chiedere perché la CENESEX non presenta al governo una richiesta di risarcimento a nome degli omosessuali che hanno subito repressioni e maltrattamenti negli anni sessanta, settanta e ottanta e meritano una compensazione e delle scuse ufficiali.
In tal caso, la nostra principessa, credo, avrebbe sicuramente infartato.
Adesso, la CENESEX ha nella sua home page questa dichiarazione.
Mi fa ricordare una barzelletta molto popolare: il periodo speciale non mi porta benefici nè mi danneggia ma tutto il contrario.
Si scopre che Cuba ha l'esclusività di essere l'unico paese di America Latina che si somma al "voto del gruppo di paesi che includono l'omosessualità come un crimine sotto la loro legge, compresa l'applicazione della pena capitale in cinque di loro ".
V a ricordato che il CENESEX è l'unica istituzione riconosciuta dal governo che rappresenta presumibilmente i diritti degli omosessuali. Che indecenza!, amici miei,leggere una tale frase sulla pagina del "Centro Nazionale per l'Educazione Sessuale", e firmata dalla sua direttrice!
sabato 4 dicembre 2010
Dalla negazione della negazione alla negazione dell'ovvio
Foto: Claudio Fuentes Madan
Io sono stata fortunata: ho finito la scuola media con un insegnante per ogni materia.
Qualche anno dopo, cominciò la debacle degli insegnanti emergenti condannati alla non specializzazione.
Lo stesso insegnante doveva impartire le materie scientifiche e artistiche di tutta la scuola media.
La vecchia guardia dell'istruzione indietreggiò intimorita (esperienza, madre di scienza!) e la maggior parte degli insegnanti passò ad un altro livello di insegnamento, si licenziò o andò in pensione dopo una lunga carriera sempre sottopagati.
Dopo aver spento la voce dell'esperienza, il Ministero della Pubblica Istruzione diede libero sfogo alla sua fantasia degli assurdi e, dopo le lezioni senza specializzazione, passammo alle lezioni in diretta tv.
A peggiorare le cose, i salari da fame e le cattive condizioni delle aule rimasero come prima.
Finiva l'era accademica ed entravamo nell'era ideologica: più politica e meno istruzione.
Tanto va la gatta al lardo, che ci lascia lo zampino e gli insegnanti emergenti si sono stancati in fretta di una professione faticosa e poco profittevole e il governo ha deciso di punirli con sette anni di servizio sociale obbligatorio in classe.
La corruzione, la negligenza e la mediocrità si sono insediate dove un tempo regnava la saggezza e l'insegnamento.
I genitori con più possibilità economiche mandano i figli a fare ripetizioni in privato e gli altri si sono rassegnati a cambiare di scuola i loro figli ad ogni occasione.
Adesso è venuto in mente a qualcuno di provare una "nuova" ricetta: l'insegnamento specializzato. Ora torniamo ai tempi in cui l'insegnante di matematica si occupa solo di numeri, non di sintassi o date storiche.
Quattro o cinque scuole all'Avana servono come cavie per questo "esperimento senza precedenti" e i genitori, tra di loro alcuni amici miei, fanno l'impossibile perché i loro figli siano tra quelli scelti per " testare la nuova formula".
lunedì 8 novembre 2010
La lontana collina
Foto montaggio di un amico anonimo
La mia amica Evelyn è una donna felice. Ha avuto mille disagi durante la sua gioventù, ma ora che si avvicina ai quaranta, guarda indietro e il bilancio è più che positivo. Anche se sono più giovane, rimango meravigliata da lei: ha una figlia bellissima, fa carriera e vive secondo i suoi principi e le sue idee, anche se questi ultimi due sono in pericolo di estinzione. Ci siamo conosciute che avevo diciassette anni e da allora non ha più votato o partecipato a una delle messe in scena del governo, recitate nella paura e nella doppia morale del popolo.
Evelyn non ha potuto studiare all'università. Quando studiava alla "Lenin" (scuola superiore a numero chiuso specializzata in scienze. NdT) i suoi compagni di scuola le hanno negato l'avallo politico*. Ha fatto appello alla provincia ma la classe ha alzato la mano una seconda volta segnando per sempre il futuro della sua vita. Non era una giornalista freelance nè attivista di alcun partito nè andava lungo i corridoi della scuola predicando con in mano La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Era soltanto un'adolescente mezzo rockettara che amava anche la musica TROVA.
Passarono gli anni e del gruppo della Lenin non ne era rimasto quasi nessuno a Cuba. Sul suo account di Facebook a volte arrivano richieste di amicizia da coloro che un tempo hanno alzato le mani per troncare la sua vita. Sembra che vivere in Francia, Canada, Spagna e Stati Uniti sia come come una grande confessione che serve a lavare tutti i peccati e che dà il diritto di chiedere il perdono incondizionato delle vittime. Ma la mio amica non dimentica. Non si vendicherà mai, non lascerà che l'odio la roda. Tuttavia, si stancheranno di chiedere l'amicizia su Facebook o di partecipare alle feste di gruppo quando tornano a Cuba: Lei saprà sempre dire di no.
* El Aval (avallo politico) è un requisito per poter entrare all'università. Si fa una riunione coi compagni di classe e questi decidono se uno studente ha il merito politico per potere iscriversi all'università. Non è soltanto fare finta di essere d'accordo con la politica del governo ma anche partecipare alle manifestazioni politiche,lavoro volontario ecc. Alla fine tanti studenti all'ultimo anno della superiore, cercano di far parte della Gioventù Comunista solo per avere il "famoso" Avallo. NdT
mercoledì 13 ottobre 2010
Riciclare
Foto: Claudio Fuentes Madan
Una delle nuove "attività" approvata dal governo cubano è stata la controversa "riciclatori- venditori di materie prime."
Questa dura "impresa privata" raggruppa i mendicanti dell'Avana che sopravvivono raccogliendo ciò che il resto della società butta via.
Qualche anno fa, Claudio Fuentes Madan stava facendo una serie di dipinti utilizzando materiale di scarto della città e ha avuto modo di essere in contatto con molti di questi uomini e donne che mangiano letteralmente dalla spazzatura.
La maggior parte di loro sono "senza tetto" - e senza la possibilità di poter comprare una casa perché a Cuba la compravendita di immobili è vietata per i cubani. Dormono nei luoghi più sinistri della città : aree distrutte degli ospedali, edifici abbandonati dichiarati inabitabili per rischio di crollo, parchi lontani dal centro e nelle "favelas" (letteralmente: arriva e metti su. ndT) che ormai fanno parte del paesaggio urbano.
Spesso vivono come "clandestini", una legge "stalinista" impedisce ai cittadini che non sono nati nella capitale di rimanere in città se non dispongono di un indirizzo di domicilio o residenza.
Per prevenire le malattie, mi racconta Claudio, versano del gasolio o del cherosene nell'acqua che utilizzano per farsi la doccia, che fanno in casa di un conoscente pagando in anticipo un canone ragionevole per l'utilizzo dei servizi sanitari.
Sono questi gli esseri umani che d'ora in poi dovranno pagare una percentuale dei loro profitti allo stato cubano.E' così sadico che si fa fatica ad immaginarlo.Viene voglia di coprirsi gli occhi con entrambe le mani, come nelle scene sanguinose dei film horror. Solo che non è un film, è ciò che resta dell'economia socialista.
Viene da chiedersi come mai questo affare è così prospero - non riesco a pensare ad un altro aggettivo - a tal punto che lo stato ha deciso di prendersi una percentuale dei profitti ricavati.
Penso che l'educazione civica, questa leggendaria materia che i miei genitori hanno studiato a scuola elementare ed io no, ha perso il suo significato semantico a Cuba.Le persone non si sentono responsabili del riciclaggio dei rifiuti che generano : se lo stato ha bisogno di materie prime che se la cavi come può!.
Ecco perché i punti di raccolta di materie prime soffrono di abbandono sociale e solo i "subacquei" ( persone che frugano nei cassonetti dell'immondizia per fare la raccolta differenziata e venderla nei punti di raccolta. NdT) si occupano della raccolta delle bottiglie di plastica e delle lattine.
L'altro giorno un amico ha raccolto tutte le bottiglie che aveva accumulato per anni e ha deciso -paradigma del nuovo uomo- di portarle al punto raccolta più vicino. Al suo arrivo ha scoperto che sarebbe dovuto tornare indietro con tutto il "materiale riciclabile", perché non l'aveva portato in un sacchetto. All'alba dello stesso giorno, ha consegnato tutto ad una ragazza che con un carrello faceva la raccolta porta a porta . Lei aveva cambiato il suo orario di lavoro dalle tre di pomeriggio alle tre del mattino
mercoledì 6 ottobre 2010
Spontaneo
Foto: Claudio Fuentes Madan
Sono rimasta un po’ traumatizzata dopo le celebrazioni della festa dei CDR (Comitati di Difesa della Rivoluzione). Tra la discussione in autobus, il lavoro volontario svolto domenica dai miei vicini e il reggetón a tutto volume del 28 che è andato avanti fino alle una del mattino, mi sento ancora un po’ frastornata.
Domenica scorsa toccava il lavoro volontario. El Ciro (blogger cubano compagno di Claudia che gestisce El auditorio imbecil, ndt) e io non ne sapevamo niente, per questo motivo quando lui è uscito di casa con i cani e ha incontrato un vecchietto che tagliava con fatica l’erba del prato gli ha detto: “Amico, lascia fare a me che sono più giovane”. Mentre Ciro toglieva le erbacce dal quartiere si è avvicinato il responsabile del lavoro e gli ha detto: “Ascolta amico, smetti che ti ho già segnato”. Ciro ha alzato lo sguardo e si è reso non solo di aver preso parte al lavoro volontario, ma di essere stato l’unico ad aver lavorato davvero. Tutti gli altri si erano limitati a prendere un mattone e a spostarlo da destra a sinistra, per poi andare dal responsabile e dirgli: “Segnami nell’elenco”. Mi sono ricordata di quando si ruppe l’interruttore per accendere la luce delle scale e El Ciro (http://pornopararicardo.com/) (iniziativa privata al cento per cento) lo cambiò senza dire niente a nessuno. Una vicina mi informò subito dopo che si stava organizzando una riunione per definire la strategia di riparazione, “la somma di denaro da versare per ogni appartamento, chi avrebbe dovuto cercare l’interruttore e infine chi si sarebbe incaricato di comprarlo”. Noi abbiamo saltato tutte le procedure.
Per la festa è stata la stessa cosa. Nel mio edificio, di solito sono l’unica che rimane sveglia dopo le dieci di sera. I miei poveri vicini questa volta hanno chiuso gli occhi ben quattro ore dopo, perché “si doveva celebrare” l’arrivo del 28 settembre. Passata la notte ho ascoltato un’innocente vicina chiedere perché non avevano fatto la festa al venerdì o al sabato. La poveretta non sa che si balla il giorno stabilito, si lavora il giorno stabilito e si vive come è stabilito.
Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
domenica 3 ottobre 2010
Il Macho
Non mi considero una femminista perché cerco di evitare atteggiamenti reattivi. Il femminismo come opposizione al maschilismo mi sembra una soluzione troppo facile, mentre in realtà i diritti che mi spettano come essere umano vanno ben oltre il mio genere. Tuttavia, per alcuni dei miei conoscenti il discorso è abbastanza semplice: io sono una femminista. È una tendenza naturale quella di inserire nel novero delle cose conosciute ciò che non riusciamo a capire, generalizzare al massimo le eccezioni che non rientrano nelle statistiche.
A Cuba, il maschilismo funziona come il razzismo, per la direzione del PCC semplicemente “non esiste”. Nel suo libro “Il Secondo sesso”, Simone de Beauvoir ha studiato i punti di contatto tra la discriminazione razziale e quella femminile, mezzo secolo più tardi, il mio paese è la prova vivente della sua tesi. Tra i “non razzisti” c’è chi afferma che “non tutti i neri sono uguali” ma non manca un ragionamento aberrante come “quel nero ha l’anima bianca”. Tra i “non maschilisti” troviamo un’altra versione dello stesso fenomeno: “le donne sono come noi”. In altre parole, “loro” sono la specie, “noi” siamo soltanto simili.
L’altro giorno sono andata a una festa che si teneva in un luogo un po’ decentrato e mi sono persa per strada, uno degli ospiti mi ha riconosciuta e mi ha dato un passaggio in taxi. Quando sono salita stava sostenendo un’animata conversazione con il tassista che non ho voluto interrompere. Il dialogo è andato più o meno così:
- Senti amico, io non la lascio mai uscire da sola. Che storia è mai questa di andare in giro da sola?
- Fai bene.
- Quando torno a casa dal lavoro a volte le do un po’ di botte, non si sa mai - questo commento credo che fosse uno scherzo, ma non ho potuto verificare - poi la metto di fronte allo specchio e le dico: “Vedi, io sono più bello di te”.
Ci sono rimasta di sasso, non solo per il cattivo gusto di quello che sembrava uno scherzo, ma per il fatto che entrambi non facevano nessun caso alla mia presenza nella parte posteriore della vettura. Quando siamo arrivati alla casa dove si teneva la festa, l’uomo che mi aveva dato il passaggio si è voltato verso di me e mi ha detto:
- Claudia, hai un po’ di soldi? Paga te che non ho la cifra esatta.
Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
mercoledì 29 settembre 2010
Sottigliezze del bavaglio
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Foto: Claudio Fuentes Madan
sabato 25 settembre 2010
El Dorado e la sinistra del XXI secolo
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Foto: Leandro Feal, de la serie “Tratando de vivir con swing”
La mia unica certezza è che non sono comunista, per il resto non ho ancora le idee chiare. Mi costa fatica definirmi politicamente. Forse perché sono nata in un sistema diverso da quello vigente nel resto del mondo - fuori dai confini delle destre e delle sinistre di altri luoghi - basato sul potere di un solo uomo e retto dai suoi capricci. Mi piace ascoltare le persone quando spiegano le loro posizioni politiche (anche se pensano in maniera ortodossa), però mi sconcerta non sentirmi attratta da nessuna. A parte i diritti e la libertà dell’essere umano, non vedo altre cause per cui valga la pena di lottare.
Ma uno legge, si informa e si sforza di comprendere il mondo, soprattutto le ideologie che lo fanno muovere. Invece di salire su un aereo, le quattrocento pagine di un libro consumato da un gran numero di lettori o un documentario registrato in una memory card mi raccontano la storia dell’umanità che vive oltre il mare. In generale ho deciso di stabilire margini di comparazione minimi per non diventare pazza. Serve a poco, dal mio punto di vista, cercare di paragonare una democrazia con un capitalismo di Stato, o una dittatura con un paese in via di sviluppo. Posso confrontare gli Stati Uniti con l’Europa, il Messico con l’Argentina, il Cile o Haiti; Cuba con i vecchi paesi dell’Unione Sovietica, con l’Iran, con il Cile di Pnochet, con la Spagna di Franco e persino con la Corea del Nord. Qualunque altro paragone, Cuba con l’Uruguay, per esempio, risulta segnato da un antagonismo primario: Società totalitaria contro Stato di diritto.
Per questo quando un sindacalista europeo mi cerca di convincere in merito ai “risultati della rivoluzione cubana”, mi viene voglia di piangere. Per prima cosa devo cercare di fargli capire che a Cuba non esiste un sindacato, almeno non quello storicamente noto come sindacato dei lavoratori, che serve a far valere i diritti dei lavoratori nei confronti di padrone, impresa o Stato. Sarebbe importante andare alla radice del concetto, rispettare il significato dei sostantivi per non cadere nelle ambiguità, come dice il mio amico Reinaldo Escobar: “Pane al pane, dittatura alla dittatura”.
Su questo punti le idee di certa sinistra, sfortunatamente, tendono parecchio a confondermi. Incontro persone che condannano tutte le dittature dell’universo ma salvano il mio piccolo paese, si offendono quando sentono parlare di Franco con rispetto mentre venerano Fidel Castro. Altre odiano la stampa occidentale perché troppo sensazionalista ma non criticano la linea fissata dal partito unico nei confronti dei nostri periodici. Altri assicurano che la politica degli Stati Uniti è interventista ed egemonica, ma hanno combattuto in Nicaragua, Angola ed Etiopia. Altri ancora protestano per le strade di New York contro la guerra in Iraq brandendo un cartello raffigurante Ernesto Guevara grande un metro per un metro. Infine conosco persone che definiscono il governo del mio paese “Rivoluzione”.
Non voglio dare una mano a una sinistra che è diventata filosoficamente crudele. Tuttavia non posso accettare che certi risultati (educazione e salute suppongo) vengano raggiunti a detrimento delle mie libertà e dei miei diritti. Non posso essere obbligata a ringraziare eternamente una giunta militare al potere da oltre mezzo secolo perché c’è un medico di famiglia che mi garantisce un pap test gratuito ogni due anni. Non posso rischiare una condanna a vent’anni di galera per aver scritto quello che penso solo perché sono andata a scuola senza pagare. Non esiste niente di più spietato e di più crudo di questo “fine che giustifica i mezzi”.
Forse sono io che mi confondo, ma in questa situazione credo che ci sia qualcosa di poco chiaro. Persone di sinistra che difendono i diritti dei senza diritti, i pacifisti, i liberatori del pensiero, gli emancipati radicali del denaro, gli ultra utopici di un mondo sociale e benefico, parlano della mia isola senza usare mai vocaboli come autocrazia, militarizzazione, socialismo di Stato, stampa reazionaria, monopolio di Stato o, semplicemente, dittatura. Potrebbero non utilizzare quest’ultimo termine se pensano che sia troppo forte, ma sostituirlo con “rivoluzione” è un’iperbole eccessivamente violenta.
Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
lunedì 20 settembre 2010
Licenziamenti e privatizzazioni
Non è la prima volta che il governo decide- coll'acqua al collo - di permettere l'iniziativa privata dei cittadini per tirare su l'economia nazionale. Abbiamo ormai visto negli anni novanta la nascita dei paladares (piccoli ristoranti in casa) , affitta camere, tassisti fai da te, i chioschi dove si vendeva da mangiare, utensili per la casa. Oggi quasi non resta nulla di quella esplosioni di lavoratori per conto proprio. E' questo il problema :per quanto tempo si potrà mantenere un affare?
Mettere su in ristorante privato, affittare camere, vendere pizze, non sono investimenti che si recuperano a breve termine. La gente vuol vedere il frutto del suo sforzo ma la probabilità che un burocrate busserà alla porta per portarsi via i documenti è stata ciclica nella storia della Rivoluzione. Ho un'amica che ha avuto un "Paladar" abbastanza popolare durante due anni poi un pomeriggio è arrivato un ispettore che si è portato via tutti i documenti dell'attività per "verificarli". E' lì ancora che aspetta che glieli restituiscano. Non ha potuto aprire di nuovo le porte del suo ristorante. Non ha mai ricevuto alcuna spiegazione. Non aveva infranto alcuna legge.
giovedì 16 settembre 2010
Un'altra scuola
Foto: Leandro Feal
Ha cambiato tre volte suo figlio di scuola. Un po' per colpa dei maestri emergenti che assicurano che le parole bisdrucciole non esistono e per la propaganda politica, non ce la fa più. L'ultima volta che ha porta il bambino a fare teatro gli hanno assegnato il ruolo di Antonio Guerrero ( una delle cinque spie cubane prigionieri negli USA) . Il piccolo è uscito dalla prima scuola con tre note nel suo diario: una per aver chiesto in prestito la gomma per cancellare, un'altra per avere pianto di voglia di andare a casa e, la più assurda, per non aver voluto firmare per il consenso alle note precedenti.
Nella seconda scuola elementare, la direttrice ha dato il benvenuto ai nuovi studenti e ai loro genitori con una simpatica informazione : "Questa scuola è a doppia sezione" invece che a doppia sessione .Poverina, voleva far sapere che c'erano lezioni mattina e pomeriggio. Poi, nella riunione di gruppo, la guida base ha avvertito " Non Vi preoccupate se sono le 17 e i bambini non escono: chi non si comporta bene rimane in punizione".
Non son in che modo i "leader storici" se la caveranno per riparare tutto il danno fatto al sistema scolastico nazionale . Un aumento de budget destinato all'insegnamento non sarebbe sufficiente in quanto il male va oltre al problema economico, pagare uno stipendio decente servirebbe se gli insegnanti avessero le conoscenze accademiche e pedagogiche necessarie a svolgere il loro mestiere, tuttavia, non è così. Per formare un nuovo collegio di docenti a livello nazionale occorrerà aspettare almeno dieci anni. E, nel frattempo, cosa impareranno i nostri figli?
venerdì 10 settembre 2010
Il modello cubano non funziona più neppure per noi
Il modello cubano non funzionava per noi neppure quando l’ho pensato.
Quando è caduto il blocco socialista il modello non funzionò neppure per noi.
Per molto che rifletta, il modello cubano non funzionerà più.
Il modello cubano non ha funzionato neppure con Chavez.
Davanti a me, il modello cubano aveva funzionato.
Per quanto sia stato creato il modello cubano, è andato a pezzi.
Il modello cubano non funzionerà per noi neppure quando Raúl avrà fatto i
cambiamenti.
È possibile che il modello cubano non funzioni neppure per noi.
Il fatto che il modello cubano non abbia funzionato non disturba le mie visite
all’acquario.
Se il modello cubano funzionasse per noi, non lo avrei creato io.
Se il modello cubano avesse funzionato per noi io ritratterei lo stesso.
Il modello cubano non funzionerà mai.
Il modello cubano avrebbe funzionato in un’altra dimensione.
Chi pubblicherà sul Granma; che il modello cubano non
funziona, sarà fucilato.
Funziona, modello cubano!
mercoledì 8 settembre 2010
domenica 5 settembre 2010
Vent’anni
Foto: Penúltimos Días
Ho fatto un grande sforzo per non scrivere su Fidel
Castro. Per prima cosa perché non riesco a dire niente di serio sul conto di
una persona (a volte mi piacerebbe prendere le cose meno alla leggera), in
secondo luogo perché la lettura delle sue riflessioni mi fa lo stesso effetto di alcune riviste di fantascienza (mi piace il genere), e terzo perché il Comandante in Capo è oggi, nonostante tutto, un fantasma del passato della politica cubana.
Ma non smette di parlare! Pubblica libri, predice il
futuro della specie umana, parla di se stesso, confonde José Martí con Lenin,
cambia il passato, annulla l’oggi e fa le bizze nel presente perché ha i giorni
contati. Continua ad apparire a ripetizione su palcoscenici molto più simili a
un teatro dell’assurdo che alla politica senza speranza di un sistema in
rovina. Può essere nell’acquario come in una sessione straordinaria
dell’Assemblea Nazionale, ma anche se le messe in scena sono ridondanti servono
ad assecondare i suoi capricci. Circondato sempre da guardie del corpo (le
chiamano avatares per via della prestanza
fisica) l’anziano non cade ma vacilla per i meandri della sua mente distrutta
dal potere. Dopo aver condotto per tanti anni una vita da messia, oggi è
impossibile per Fidel Castro pensare che la sua morte non cambierà il corso
della storia, che l’anno zero non si ripeterà, che Cuba continuerà il suo
cammino e che suo fratello farà o non farà qualche cambiamento quando lui non
ci sarà più (prima di essere lui stesso assorbito dal Cambiamento quando
resterà solo). Ha scritto il suo apocalittico copione come anteprima della sua
dipartita. Non ci porterà via con lui perché non può, ma fino all’ultimo
istante della sua permanenza sulla terra distribuirà ruoli, taglierà teste, offenderà
i suoi nemici e annuncerà - per mezzo di qualunque allucinante teoria - la fine
del mondo. Morirà, ma prima tenterà di farci credere che tutta l’umanità finirà
nella fossa insieme a lui.
Isolato da tutto, la realtà si è trasformata nello specchio di un futuro
dove la sua immagine non è compresa. Ormai non gli interessa la storia e la
guerra fredda è un cadavere putrefatto che non sarà mai rianimato. La sua unica
possibilità è costruirsi uno scenario dove lui non sia la premonizione della
sua stessa malattia, ma la malattia del resto dell’umanità: la guerra nucleare
come palliativo della mortalità di un semplice essere umano. Chi ci crede bene
e chi non ci crede sarà spinto da paura e opportunismo a collaborare per eseguire
questo sporco lavoro. Ogni attore della messa in scena interpreta
diligentemente il suo ruolo, che sia chiedere a tutta la plastica cubana di
riprodurre i cinque eroi fino a sollecitare
in lacrime un bacio del Comandante.
Mentre al governo fanno i salti mortali per evitare il
rapido collasso del sistema economico, i poteri si rimettono i sesto e la
corruzione si rimodella al nuovo volto del totalitarismo insulare, Fidel Castro
- all’Università dell’Avana - cerca l’eternità nella stessa terra che lo inghiottirà.
“Cuba ha il duro compito di avvisare l’umanità del pericolo reale che sta
correndo, e in questa attività non dobbiamo perderci d’animo”. Malgrado ciò il
suo discorso inutile si perde nei volti di un auditorio composto da ventenni
annoiati, che non si sente in debito, che chiede solo di fuggire dal paese da
una porta qualsiasi e che in merito a un possibile scontro nucleare ricorda
solo un film intitolato “Lisanka”. Il compagno Fidel parla di fronte a un
pubblico disinteressato alla sua incompresa mortalità e alla sua previsione di
ecatombe atomica, perché la sola cosa imprevedibile degli studenti
dell’Università dell’Avana sono i loro vent’anni
lunedì 30 agosto 2010
Sacrificio
Foto: Orlando Luis Pardo Lazo
Ha accettato la missione per diverse ragioni:gli avrebbero messo 50 CUC al mese in una banca a Cuba, avrebbe potuto
acquisire gli elettrodomestici di cui aveva tanto avuto bisogno durante la sua vita, avrebbe comperato dei vestiti ai suoi figli e, inoltre, sarebbe uscito dal maledetto policlinico che stava finendo con la sua esistenza.
Sapeva che il Venezuela era un paese abbastanza violento e instabile politicamente, ma sicuramente la delegazione cubana sarebbe stata ben protetta, sicuramente avevano la priorità. Sono stati assegnati in periferia, una zona povera e con molta delinquenza. Nessuno lo aveva avvertito che non appena sarebbe arrivato gli avrebbero tolto il passaporto e sarebbe stata senza documenti. Ha lavorato tanto, ha scoperto che la maggioranza dei venezuelani sentono la stessa cosa dei cubani: la politica gli ha spaccato in due la società.
Ha sofferto l'odio di un popolo che, come il suo, ha perso le redini del futuro. Ha scoperto che la paranoia non ha frontiere e che la paura viaggia anche negli aerei. Un suo compagno è morto in una rissa tra due bande del quartiere. Ha chiesto di tornare a Cuba ma il compromesso era imperituro- come il partito comunista - e il fatto di essere depressa non andava d'accordo con la solidarietà tra i popoli. Ancora non può tornare indietro e per consolarsi si fa della terapia davanti allo specchio: 50 cuc, 50 cuc, 50 cuc.
L'incidente
Foto: Orlando Luis Pardo Lazo
L'altro giorno sono stata testimone di un incidente a Luyanò. Orlado Luis ed io abbiamo twittato
quel che abbiamo potuto e siamo riusciti con fatica a scattare qualche foto prima che dei poliziotti in borghese
ci togliessero le macchine fotografiche. Incidenti del traffico capitano sempre ovunque e mi domando perché il governo cubano impedisce che questi sinistri finiscano sui giornali. E' ridicolo e penoso che membri della polizia segreta della Sicurezza dello Stato si occupino, in mezzo alla catastrofe, a perseguitare le fotocamere e i reporter.
A volte mi sembra che la censura e la burocrazia siano degli esseri viventi, con le loro leggi di sopravvivenza, i loro bisogni di perpetuarsi e i loro cicli di vita. Mette in pericolo lo stato il dirci quanti morti e feriti ci sono stati il 20 agosto, quali sono state le cause dell'incidente, cos'è successo all'autista?
Ormai non è una questione di stampa libera, nè di libertà politiche: nemmeno di diritti del cittadino. Si tratta di un mostro che è cresciuto tanto in 50 anni che potrebbe inghiottire tutti i gli avvenimenti della nazione. Un mostro che si nutre della nostra conoscenza, del nostro intelletto, della nostra capacità di capire la storia. Un mostro che in inghiottisce le nostre disgrazie e le nostre gioie, i nostri sogni e le nostre vite
lunedì 23 agosto 2010
Stanchezza
Imagen: El Verdugo, por Luis Trápaga
Le sue mattine erano sempre uguali da molti anni: comperare farina sotto banco nelle panetterie dello stato, procurarsi le uova che i venditori ambulanti portano nei suoi zaini, contrattare il prezzo delle guayaba al mercato dei contadini in modo da poterne fare profitto. Con gli alti e bassi che dipendono dal grado di repressione contro le illegalità che ci siano, riesce a mantenere decentemente casa sua vendendo dei pasticcini.
Ma gli affari le si complicano troppo: Due volte ha dovuto passare delle torte alla vicina accanto attraverso la finestra del cortile perché le nascondesse quando sono arrivati gli ispettori della finanza. Grazie a Dio che non capita spesso!. Quando ce la fa, mette dei confetti sulle torte che le manda la sorella da Miami, dove ha una piccola pasticceria abbastanza prospera. Ha cominciato, come lei, nel 2000, facendo tutto da sola, ma con gli anni ha assunto un assistente e adesso ha un modesto affare che fornisce di dolciumi a buona parte del quartiere.
Mi racconta tutto con una nostalgia infinita, un'invidia sana di sua sorella dell'altra parte che è riuscita a farsi strada. Le chiedo se pensa che Raùl Castro farà qualche apertura economica, delle agevolazioni per le piccole imprese, permessi e quelle piccole cose che le renderebbero la vita più semplice. Ci ride su ma sembra che i suoi occhi piangano- Sono troppo vecchia, figliola, non me ne frega più nulla, mi sono stancata di aspettare.
venerdì 20 agosto 2010
Città sconosciuta
A forza di guardare la stessa finestra, la stessa via, di parlare con le stesse persone e vivere nella stessa città; uno finisce per pensare che le sa tutte.Se me l'avessero raccontato non l'avrei creduto siccome adesso so che è vero, sono piena d'interroganti. Le vie dell'Avana hanno molte più sorprese in serbo per me, meno male!
Agosto letale. Arrivo boccheggiando a via 23 all'angolo con via L e trovo per terra dei volantini come quello della foto:FREE IRAN. Cos'è questo, mamma mia? Ne piglio uno e mi guardo attorno, direi che io sono la meno sorpresa
di tutti quelli che mi circondano. Un tipo, con la faccia da poliziotto in borghese
appena scoperto, se ne mette uno in tasca e fa un gesto di schifo con sorpresa. Non gli è piaciuto. Non saprebbe se quel volantino sarebbe classificato come "PROPAGANDA NEMICA",ma evidentemente, "PROPAGANDA AMICA" non lo è.
In via G angolo 23 ce ne sono ancora, molto di più.La maggioranza è stata calpestata. A chi sarebbe venuto in mente un'idea così geniale?. Non ne ho più dubbi. Questo ha a che fare con i chiodi fissi che frustano la mente allucinante di Fidel Castro. Cosa direbbe il "compagno" Comandante Fidel se invece che la Terza Guerra Mondiale arrivasse la fine della dittatura in Iran?
lunedì 16 agosto 2010
Guadagnarsi la pagnotta
Foto: Claudio Fuentes Madan
E' arrivato in via G per confondersi col resto della gioventù che guarda
le ore piccole passare in attesa di tempi migliori. Per qualche inspiegabile ragione, la polizia permetteva solo si stare sui marciapiedi di via 23 (incrocia via G) e siccome aveva un appuntamento con una ragazza- guarda caso- in via 23, ha deciso di rischiare e aspettarla
5 minuti lì piuttosto che rischiare di perdere quella chance.
Il rischio è stato più alto del calcolato - ingenua e folle gioventù! - un ufficiale della polizia gli ha dato una spinta di benvenuto e gli ha chiesto la carta d'identità.
Non appena l'ha tirata fuori lo hanno ammanettato e prima che potesse chiedere "Perché" era già nella volante.
L'hanno messo in una cella tra via 21 e C. Ha pensato che si erano dimenticati di togliergli le manette ma guardandosi attorno ha notato due cose:
Tutti gli arrestati erano ammanettati,
C'era un bel mucchio di arrestati.
Siccome non aveva ancora 20 anni e non conosceva i suoi diritti, non voleva rischiare la notte per difenderli.C'era sempre una terza opzione. E' riuscito a sussurrare a un poliziotto le parole magiche:
- Senti, Ho solo 50 pesos, mia madre è malata e non posso arrivare tardi a casa.
Mezz'ora più tardi era a casa. La storia me l'ha riassunta così con una morale:
Hanno fatto un sacco di soldi visto il mucchio di gente che c'era. La prossima volta gli do la mazzetta in volante!
mercoledì 11 agosto 2010
Impensabile
Foto: Reina Luisa Tamayo y su hija, por Claudio Fuentes Madan
Ci sono cose che ho scartato e messo nel baule “ dell’incapibile”.Direi che ci ho rinunciato, che mi hanno
Sconfitta, che non ce l’ho fatta, mi hanno superata.
Mi rifiuto di consumare il mio cervello un attimo in più cercando di trovarci qualche logica, qualche
Minimo senso.Dal mucchio- confesso che se ne sono parecchie, troppe- spuntano fuori il ritorno di
Fidel Castro, le “misure” de Raul Castro, i firmanti delle lettere aperte all’UNEAC (Unione
Nazionale di Scrittori e Artisti Cubani), la seduta straordinaria dell’Asamblea Nazionale (Parlamento)
, il gossip su Elian Gonzalez, la mente di Randy Alonso, i morti all’ospedale Psichiatrico Mazorra, i permessi
D’uscita dal paese, l’utilità “ideologica” del Tavolo Rotondo (talk show in tv) , l’etica del medico di Orlando Zapata Tamayo, la vergogna di quelli che portano la divisa verde olivo o la morale
Dei militanti del PCC. La lista, Vi giuro, può diventare estremamente lunga.
Tuttavia, c’è ancora un altro tipo di evento ribelli che cadranno nel sacco, neanche questi li capisco- anzi,
li capisco di meno-, ma non riesco a smettere di tornare su di essi, di analizzarli, di smembrali.
Mi ossessionano, mi tolgono il sonno. Sento che non dovrebbero esserci, anzi non possono esserci. La mia
Razionalità mi detta che sono impossibili, il mio cervello mi urla disperatamente che non ci sono persone
Che si offrono per malmenare una madre e per impedirle di andare al cimitero a rendere omaggio a suo
Figlio morto.
Divento un po’ scienziata, voglio fare un’analisi come in un Reality Show: Io voglio sapere cosa fa
Ciascuno dei repressori (attori e direttori) de Reina Luisa Tamayo quando rincasano. Mettono su la pentola dei fagioli? Aprono le finestra quando diventa buio? Abbracciano e baciano i loro figli prima di andare a dormire? Dormono con sogni innocenti o gli incubi insidiano le loro albe? Ridono a squarcia gola?
Si guardano nello specchio, cosa vedono?Gli piace la pioggia? Chiacchierano con i loro vicini?Non riesco ad evitarlo, la mia mente fa i suoi calcoli e scopre che è folle: forse non respirano ossigeno, forse non sono mammiferi, sentenzia.
Allora, io protesto: No, te l’ho detto!, sono umani, umano come gli altri! Ma l’altra Io, imparziale, non si lascia commuovere:Devono essere un’altra specie, devono essere per forza un’altra specie
lunedì 9 agosto 2010
Il tunnel
De la saga El Ciro versus La Seguridad del Estado
Sempre alla salvaguardia della liberta d'espressione e dell'arte alternativa,
sono partito in missione operativa verso la spaiggia Jibacoa per
assicurare l'attività e tenere lontano gli amici mascalzoni del
Ministero dell'Interno.
Che mucchio di gente e quanta sovversione, mamm mia! Una roba del genere non se la sarebbero persa i ragazzi del MININT, sicuramente stavano combinando qualcosa, ma dove?. Ho attivato il mio GPS alla ricerca di qualche agente che io avessi arpionato prima. Il localizzatore ha cominciato a mandarmi dei segnali dal sottosuolo, ma va!, cosa stavano combinando laggiù?. Ho spacchettato la mia Scavatrice Unipersonale* per investigare nelle profondità.
Giù, giù e bang!, un tunnel! Avevano scavato un tunnelche sembrava si dirigesse verso il palcoscenico principale. Sono diventato trasparente un'altra volta e sono andato avanti.Come al solito, una luce in fondo e, quale non sarebbe stata la mia sorpresa quando ho trovato sopra un mucchio di dinamite Fernando Rojas ( viceministro alla Cultura) e un alto numero di ufficiali di alto rango, facendo un brindisi alla fine dell'Arte Cubana.
Quindi, non appena il posto si fosse riempito e fosse cominciato il concerto, avrebbero acceso la miccia e fatto saltare in aria tutti gli artisti, cogliendo l'occasione per far fuori tutto i pubblico sovverso.
Che bello!, vero? , gli ho detto mentre mi materializzavo. Di colpo hanno avuto un nodo alla gola e lacrime piangenti sono spuntate sugli occhi degli ufficiali, ritrattando tante battaglie perse e compianti infranti da me nelle loro anime. Ma il viceminsitro, che non mi conosceva, ha voluto fare lo stronzo!
Tu! Fuori dalle palle, questo è un'operazione sotto copertura- ha osato dirmi.
Voi altri- ho detto - ritirateVi, per piacere, ho una faccendada sbrigare con costui! Gli agenti sono scappati via a sgommando!
Il Festival è stato un gran successo.Escuadrón Patriota ha fatto gioire tutti, Los Aldeanos hanno fatto esaurire le corde vocali a tutti quelli che facevano coro alle loro canzoni nel pubblico e tutto sembrava una chiesa protestante di Carolina del Sud, soltanto multicolori dove si predicava Libertà. A proposito, non penso che vedrete Fernando per qualche mese: era un mucchio di dinamite e mangiarla non sarebbe stato facile!
Ci vediamo alla prossima avventura
* Scavatrice unipersonale. Strumento per scavare s spostarsi sotto terra. Sviluppato
da El Ciro negli anni 80. E' stato usato nel film nordcoreano "il Flautista contro i Ninja"
Mamma, Cos'è il Bene ?
Foto: Claudio Fuentes Madan
Con un pezzo di legno e una corda, tre ragazzi stavano preparando una tagliola dove poter torturare una lucertola. Uno di loro teneva la vittima che con occhi spalancati e il corpo rigido attendeva il suo martirio senza alcuna speranza di soprvavvivere. In quel momento ci sono passata Io e sono intervenuta in difesa del povero animale: ho spiegato loro come avere cura degli animali e ho preso il rettile con le mani. Molto felice della mia buon'azione, ho cercato un albero adatto per il suo benessere e l'ho liberato tra i rami. Fino a quel momento era tutto abbastanza normale: i bambini esperimentano con passerotti e piccoli animali e gli adulti cercano di educarli all'amore con la natura.
La cosa più inattesa è accaduta più tardi quando la madre di uno dei ragazzi ha bussato alla mia porta chiedendo delle spiegazioni. Ho deciso di esporre alla donna gli stessi agormenti che avevo usato con suo figlio. Sembra di aver capito tutto perché non mi ha detto niente: ha preso suo figlio per i capelli e lo ha trascinato via. Mi sono sentita un po' in colpa: non mi sarei aspettata una punizione del genere per colpa di una lucertola ma intervenire nelle questioni morali di quella famiglia ancora una volta, sarebbe stato eccessivo.
L'episodio mi ha sconcertata, non perché i ragazzi giocassero a martirizzare un rettile, ma perché erano inconsapevoli della loro cattiva azione e hanno considerato un "diritto" il chiedere sostegno ai loro genitori.
Quando ero piccola, i ragazzi del mio quartiere uccidevano i passerotti di nascosto: sapevano che non stavano facendo del male. Che cosa è successo quindici anni più tardi per cui la semplice idea del Bene ed dellMale sia scomparsa?
sabato 7 agosto 2010
Strade tristi
Foto: Claudio Fuentes Madan
Siccome sono una donna pratica, ho pensato di approfittare del mio viaggio a Santa Clara per comperare lungo la Strada Statale i prodotti che non si trovano all'Avana oppure hanno un prezzo troppo alto. Ricordo, da quando ero una bambina, i contadini vendendo i loro prodotti lungo la strada. Loro stessi piantano e allevano e commercializano le loro merci.
Mi ha sopreso il deserto di venditori ambulanti lungo km e km di autostrada.Loro hanno un'economia molto precaria e stento a credere che la polizia dedichi il suo tempo a castigarli per vendere le merci che nascono dalle loro mani. Nelle loro case di legno e con le loro vacche censite dal governo, riescono a sfamare le loro famiglia vendendo sotto banco qualche kg di formaggio.
Se ne trova ancora qualcuno lungo la strada, difficilmente più di venti,tra L'Avana e Santa Clara.Un po' timorosi, ci si avvicinano quando vedono che la macchinasi ferma, la polizia a volte usa delle macchine normali per sorprenderlifacendosi passare per clienti.
Il ragazzo cui ho potuto comperare un po' di formaggio non arrivava a 25 anni. Gli ho chiesto cosa facevano quando la polizia li sorprendeva:scappano via cercando di salvare la merce e la polizia li insegue per tutta la foresta.
Vi inseguono anche in mezzo al bosco?!!.
Si fa fatica a prendere sul serio l'immagine del poliziotto inseguendo un povero contadino per colpa di 20 banane. Come potevo farne un discorso col ragazzo.?. Gli ho pagato e me ne sono andata ma la pulce mi rimaneva nell'orecchio:Ma Raul Castro non diceva che avanzava un milione di posti di lavoro? Perché non cominciano per smontare questi punti di controllo e lasciano i contadini vendere la loro merce in santa pace?
mercoledì 23 giugno 2010
In ospedale
Marta è stanca degli ospedali. Non ha molta fortuna - come la maggior parte dei suoi conterranei - con la salute pubblica. Uno dei pilastri della rivoluzione nella quale è nata non smette di sembrarle un edificio cadente che sta in piedi per miracolo, un pilastro della distruzione.
Alcune settimane fa stava attendendo un familiare nel Calixto García. Tra le altre vicissitudini, i sieri che servivano al suo paziente sono stati comprati sul mercato nero, la maggior parte delle medicine “recuperate” e il trattamento medico supervisionato dagli stessi familiari. A forza di informarsi hanno appreso a ricordare all’infermiera l’ora esatta delle cure, il nome di ogni pasticca e il trattamento - escogitato da loro stessi - per evitare piaghe sul corpo.
Visto che raramente c’era acqua corrente, hanno portato alcuni secchi; dato che non c’era modo di scaldare l’acqua per fare il bagno, hanno comprato uno scaldabagno; siccome c’era troppo calore nella stanza, hanno chiesto in prestito un ventilatore. Hanno portato tutto quello che serviva: sapone, asciugamani, cibo, sedia per l’accompagnatore, crema, alcol, vitamine e cotone.
L’unica cosa rimasta senza soluzione è stato il problema del bagno intasato; la tazza aveva sempre un’acqua verde e rossa puzzolente e il rubinetto del lavandino era irrimediabilmente distrutto, ma tutto questo si poteva considerare un problema minore di fronte alla gran quantità di sporcizia accumulata nel locale, alle finestre distrutte e ai cavi pendenti dal soffitto.
Marta mi racconta di essere uscita esaurita da quella esperienza ospedaliera: la sola cosa che chiede al cielo è morire di un infarto in casa sua, senza dover sfruttare le comodità della salute pubblica cubana.
lunedì 24 maggio 2010
Un popolo di minorenni
Foto: Claudio Fuentes Madan
Guardo con avversione-perché negarlo -la faccia di Ramiro Valdés in televisione.
Questa volta è toccata la predica ai lavoratori del settore edile.
Ormai non mi prendo la briga di ascoltarlo, ogni volta che parla è per rimproverarci , lui e Machado Ventura si sono trasformati, per così dire, nelle bambinaie del popolo cubano: richiami, punizioni e minacce.
La solita vecchia storia di sempre: lavorare di più, chiedere di meno, non lamentarsi troppo, essere combattivi, adempiere ai compiti della Rivoluzione, non sottrarre risorse dal governo, non aspettarsi incentivi, fidarsi dei leader del processo, essere fedele al partito ... le solite boiate del genitore autoritario per i suoi figli per sempre minorenni.
Non si chiede Ramiro che cosa avrebbero mangiato i costruttori se non avessero "deviatato" dei mattoni sul mercato nero? I leader sindacali, a quanto pare, fanno orecchie da mercanti, forse anche loro hanno bisogno di un stipendio per sopravvivere? Perché non si riempono di coraggio e passano il testimone ai "fannuloni" perché raccontino la loro versione del paradiso dei lavoratori?
Invece di minacciare di togliere gli incentivi e benefit - che fa solo fiorire l'opportunismo e la doppia morale - dovrebbe chiedersi perché il salario non è una ragione sufficiente per lavorare bene, per risultati migliori, per aumentare la produzione.
Certo, lo farebbe se gliene importasse davvero, e se, inoltre, non prendesse il Sindacato Nazionale dei Lavoratori Edili per un asilo nido.
mercoledì 12 maggio 2010
Confessione su un viaggio utopico
Ho passato questi giorni a fare i documenti per andare in Germania , sono stata invitata a partecipare ad un incontro con i blogger di tutto il mondo. Ho esitato tra fare o non fare un commento sul blog prima di completare tutte le pratiche burocratiche, i miei amici mi hanno convinto e finalmente oggi, dopo quasi un mese e mezzo, lo pubblico con la sensazione essermi fatta una doccia fredda a quaranta gradi.
Scrivere sulla mia permanenza presso Il Nono Cerchio, che sarebbe -questo lo possono indovinare i lettori che sono dall'altra parte - lo scuro, sporco e assolutamente indescrivibile ufficio Immigrazione del comune Plaza, è un sollievo enorme. Proprio in questo luogo sgradevole - il cui nome esclude la mia esistenza, perché io non sono straniera né sto facendo dei documenti per immigrare- Martedì ho trascorso otto ore della mia vita a fare la fila per essere interrogata sul mio viaggio, la mia famiglia, mio marito, i miei studi e in che modo mi collego a Internet.
Può sembrare un po' eccessivo il numero di ore ,ed è per questo che Vi racconterò in dettaglio gli eventi successivi dalle 08:30 in cui i miei piedi hanno superato l'ingresso della casa tutta danneggiata al numero 17 tra via J e via K, alle quattro del pomeriggio quando finalmente sono uscita con l'emicrania, voglia di fare la pipì, fame, sete, sonno, insolazione e un terribile desiderio di mandare tutto al quel paese e andare a dormire per un mese.
Vi assicuro, Ve lo giuro, che passare una giornata per chiedere un permesso di uscita dal paese, toglie le voglie di viaggiare a chiunque.
Vi racconto dall'inizio: quando il sole non aveva ancora incendiato il cortile, sono arrivata alla porta sul retro per Immigrazione- avevo già superato, non senza qualche problema , la porta d'ingresso un paio di settimane prima - quella in cui si "richiede" il passaporto ... visto che si va da richiesta in richiesta, ho consegnato per ultima la carta d'identità , ho saputo in quel momento che la coda era iniziata in prima serata alle quattro del mattino. Per fortuna mi aspettava una sorpresa divina, una vecchia amica davanti a me mi ha detto che anche lei faceva "richiesta" così ci avremmo fatto compagnia a vicenda.
Prima delle nove e mezzo avevano tutta la mia documentazione dentro: carta d'identità, la lettera d'invito e BOLLO, meglio chiamarlo super BOLLO-150 CUC (prepagato, con o senza il permesso di uscita e restituito in caso di esito negativo). Poiché non c'era alcun segno tranne quello del virus H1N1-ah, e un murale dei Cinque che avrebbe fatto vomitare Edvard Munch - Molte persone non sapevano che dopo le nove non prendevano la carta d'identità per la coda oppure non avevano portato il SUPER BONUS (un disgraziato aveva la ricevuta, ma non il Bollo, misteriosamente non gliel'avevano consegnato al banco).
La parte più deprimenti erano gli anziani, con il bastone in una mano e le carte nell'altra, confusi, sopraffatti dalla burocrazia e il movimento di persone da un luogo all'altro.
Alle undici del mattino ho scoperto che il bagno era chiuso, "il pubblico l'ha rotto ", ha detto uno dei poliziotti.
Alle 12 gli impiegati sono andati a pausa pranzo fino alle 13:30, ma un ufficiale stava ancora lavorando e quindi non mi sono mossa, quella maledetta sensazione di " mi chiameranno e io non ci sarò".
Alle 14:00 c'era tanto sole che ho smesso di usare il mio ventaglio e l'ho usato per mettermelo davanti agli occhi.
Alle 14:30 quasi mi sono fatta la pipì addosso e sono uscita alla ricerca di un bagno.
Alle 15:00 una signora davanti a me ha detto : "non posso continuare senza bere ".
Alle 15:_30 la ragazza che aveva fatto la coda dalle quattro del mattino era isterica e se n'è andata, fortunatamente è tornata indeitro dopo un po'.
Quasi alle 16:00 mi ha chiamato dentro.
Un militare molto giovane, con collana d'oro, anello e orecchini con delle unghie finte, mi ha chiesto la stessa cosa parecchie volte sui miei studi, ha finalmente scritto nel mio file "ricevve lezioni per dare lezioni."
Dopo un po' è diventato ossessionato con la "Amicizia su Internet"
- Ho molti amici su Internet.
- Come ti connette a Internet?
- Per lo più negli alberghi.
- Quali alberghi?
- Soprattutto il Cohiba e Central Park.
- Queste informazioni saranno verificate, se stai nascondendo qualcosa ti verrà negato il permesso d'uscita.
Ho sorriso. Come faranno a sapere se mi connetto da un albergo o se ho amici su Internet? Non mi hanno mai chiesto la carta d'identità per comprare la scheda internet e sulla mia corrispondenza privata, a meno che la mia email personale non venga hackata, non vedo un altro modo per dimostrare niente.
Poi ha chiesto di mia madre, mio padre, mio marito e per un attimo ho avuto il sospetto che avrebbe chiesto dei miei cani Anastasia e Wicho.
Per concludere ha concluso:
- Vieni in venti giorni per vedere se ti concederanno l'autorizzazione per partire.
- Signorina, tra venti giorni il mio visto sarà scaduto.
- Ci vuole del tempo per verificare le informazioni, aspetta qui.
Se n'è andata 'ed è tornata dopo un po':
- Passa Venerdì prossimo per vedere se è già pronto.
Quando sono uscita ho rivisto le facce delle persone che durante la giornata avevo visto trasformarsi.Avrei voluto dire: "arrivederci e in bocca al lupo " a tutti, ma ero distrutta.
Non ho nemmeno guardato la ragazza delle 4 del mattino, mi vergognavo che mi avessero chiamato prima di lei.
Qualche goccia di pioggia è caduta improvvisamente , belle grosse ma solo poche.
La mia amica mi ha detto:
- Perché ci hai messo così tanto là dentro?
- Non lo so, grazie per l'attesa, andiamo ", e l'ho presa per il braccio per metterci, "senza permesso",sotto la pioggia.
Venerdì 7 maggio
Dopo un'ora ho saputo che sarei dovuta tornare Mercoledì prossimo.
Sarà un caso che corrisponda con il giorno in cui devo volare?
Mercoledì 12 maggio
Alle 01:30 sono arrivata a immigrazione, affollata di gente come al solito.
alle 14:00 circa, mi hanno chiamato , a dire la verità, questa volta non mi posso lamentare.
Ma la voce proveniva da una porta lontano dal luogo in cui io e tutti quelli
che aspettavamo che i nostri permessi di uscita, avevamo precedentemente
consegnato le nostre carte d'identità.
C'è stato un po' di tensione nella coda quando hanno sentito dire: "Claudia Cadelo", siccome non avevo idea da dove mi avessero chiamato
ho chiesto:
- Dove devo andare?
Qualcuno mi ha detto:
- Chiedi in quella porta, che è quella giusta.
Ho guardato dentro e una donna in divisa militare a urlato:
- Perché aprite senza suonare?
- Ma sono stata chiamata!.
- Ah! il tuo caso è dall'altra parte.
Andando verso il luogo indicatomi , un uomo mi ha chiesto:
- Sei tu la blogger?
- Sì, "ho risposto con un sorriso e nervi tesi al massimo, visto che il clima si era chiaramente "elettrizzato".
Mi stavano aspettando alla porta, dopo tanti giorni di disagio e di maltrattamento , mi è sembrata un po' insolita la cordialità:
- Prego, per di qua. Potrebbe chiudere il cancello una volta entrata? Grazie.
Lei non può viaggiare per il momento.
Sono uscita e ho potuto sentire la solidarietà di tutti coloro che aspettavano fuori per essere "convocati" ,
il ragazzo che mi aveva chiesto se ero una blogger ha detto:
- Io vivo in Spagna, seguo il tuo blog, non mollare, che questo non ti tolga le forze per andare avanti.
- Non me le toglierà , grazie!.