lunedì 4 gennaio 2010

Studiare, studiare e poi?


Foto: Claudio Fuentes Madan

I suoi genitori le hanno insegnato a studiare, a leggere, ad amare la conoscenza.
Quando ero piccola  ha ricevuto lezioni su molte cose: pianoforte, arti manuali, lingua inglese, nuoto e  ginnastica. Ha frequentato l'università, si è laureata e ha iniziato il servizio sociale (tirocinio). Sono stati i due anni più irrazionali della sua vita, guadagnava 148 pesos al mese (7 Euro circa), lavorava 40 ore a settimana e a malapena riusciva a pagare  i prodotti della tessera di razionamento.
Ha concluso i due anni regolamentati per il pagamento della borsa di studio, ha appeso la cartella dietro la porta e si è rifiuta di continuare. E' risucita a frequentare dei  corsi di formazione e per passare il tempo, si è iscritta ad un'altra borsa di studio  per corrispondenza. Il padre ha fatto pressione: non è bello abituarsi a non lavorare, la madre lo ha convinto: meglio continuare a studiare piuttosto che rimanere senza fare niente.

Ma lei non capiva: perché tutti insistevano perché lei lavorasse e nessuno si stupiva di quanto la pagassero?
 I suoi genitori erano vecchi e la famiglia all'estero da alcuni mesi non riusciva a mandare delle rimesse. Sapeva che la crisi sarebbe arrivata, ma lavorare o non lavorave non faceva alcuna differenza, non era più una bambina e lo sapeva: con un lavoro regolare sarebbe morta di fame.

Gli "enta" le sono arrivati al galoppo: i vecchi erano più che vecchi e il tetto crepato  della casa le rammentava  che nulla era eterno. Vendere dei vestiti di volta in volta, fare la guida turistica illegale all'Avana Vecchia o fare le pulizie in una casa che affita ai turisti era il meglio cui pottesse ambire. Gli anni passavano e la sua  vita cominciava a stagnarsi, e ha cominciato a   ossessionarsi. Si è scritta a tutte le lotterie per vincere la green card per Gli Stati Uniti, ha messo un annuncio su hi5 per trovare un fidanzato straniero, ha parlato con i suoi amici perché le facessero una lettera d'invito ... ma niente.

Gli "anta"  l'hanno presa depressa. Come Penelope, è rimasta ad aspettare il giorno
 che non è mai arrivato, un'uscita che non le stata assegnata,  una casa mai sistemata, uno stipendio  mai aumentato
 un marito che no è rimasto, dei figli che non ha mai avuto e una vita che non ha mai vissuto.

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