mercoledì 19 gennaio 2011
Juventud Rebelde?
Imágen: El Guamá
Pochi giorni fa il notiziario nazionale ha intervistato alcuni collaboratori del periodico Juventud Rebelde. In questo modo hanno potuto raccontare ai telespettatori le loro vicende, ma io sono rimasta stupita soprattutto che fossero tutti ultracinquantenni. Non ho niente contro i capelli bianchi - simbolo di saggezza e di esperienza di vita - tuttavia mi sembra evidente la contraddizione tra l’età dei giornalisti di Juventud Rebelde (almeno di coloro che hanno parlato in televisione) e il nome del giornale per cui lavorano. Forse è giunto il momento di cambiare il nome al periodico: Generazione Storica oppure Giovani nell’Anima identificherebbe meglio il gruppo di lavoro.
Ho sentito così spesso frasi come “le nuove generazioni” e “noi giovani proseguiremo il cammino della Rivoluzione” che a volte dimentico che vengono pronunciate sempre da ultrasessantenni. Persino Fidel Castro ha la sfacciataggine di parlare in mio nome quando ci separano tre generazioni! Ho voglia di vedere ventenni ricoprire incarichi pubblici in questa piccola Isola dove sono nata. Sono vicina ai trenta e spero di non dover attendere di avere i capelli bianchi per vedere finalmente i giovani in primo piano.
Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lup
lunedì 10 gennaio 2011
Questi bizzarri lineamenti
Foto: Claudio Fuentes Madan
All’interno dei CDR (Comitati di Difesa della Rivoluzione, presenti in ogni quartiere, ndt) si stanno discutendo i lineamenti per il prossimo congresso del Partito Comunista. Alcune proposte contenute nel programma sono state già approvate come leggi e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, anche se il parlamento non ha avuto l’opportunità di mostrare un consenso unanime. In ogni caso nel quartiere dobbiamo recitare la nostra parte e ripetere il solito copione. Negli ultimi dieci anni non si è mai tenuta alcuna riunione del solo partito legale nel mio paese, ma adesso pare che l’ideologia comunista sia la cosa meno importante. Per strada corre voce che cambieranno persino il nome del partito.
Ma la gente è stanca. Da tempo il popolo non riconosce il socialismo neppure nei libri, perché la storia della rivoluzione cubana ricorda troppo la storia del monopolio capitalista del secolo XIX. Nel parlamento nessuno è stato giudicato “non idoneo” o “non affidabile”, così come nessuna nomina dei delegati all’Assemblea Nazionale è stata ridotta secondo il criterio delle “piante organiche sovrabbondanti”. Non ci saranno neppure 500.000 posti da rappresentante del CDR (Comitato di Difesa della Rivoluzione) che resteranno “vacanti”. Per questo il clima della riunione pare teso sin dal cartello che si chiede “se passerà la lista di assistenza”.
Mi dicono i miei amici (nel mio quartiere la riunione ancora non ha avuto luogo) che l’ambiente si è surriscaldato: una pensionata ha detto che era l’ora di vedere i giovani alla guida del paese, un altro ha ribadito che era stanco di discutere pianificazioni e riforme che non cambiavano mai niente, una signora ha dichiarato di abbandonare il locale e che non contassero su di lei fino a quando non si fosse parlato di aumenti salariali; il rappresentante del Partito, una volta finita l’assemblea, ha mormorato che era l’ultima volta che convocava il gruppo.
Il governo di Raúl Castro deve fare i conti con un popolo stanco, scettico e annoiato di vedere così tante volte la stessa pellicola.
La cecità del potere non ha limiti, l’altro giorno ho saputo che il figlio d’un importante militare (non mi hanno voluto dire il nome) si lamentava perché le toppe per pantaloni usa e getta sono carissime e difficili da reperire. Suo padre gli ha chiesto: “Scusami, ma non le danno con la tessera del razionamento?”.
Traduzione di Gordiano Lupi - www.infol.it/lupi
All’interno dei CDR (Comitati di Difesa della Rivoluzione, presenti in ogni quartiere, ndt) si stanno discutendo i lineamenti per il prossimo congresso del Partito Comunista. Alcune proposte contenute nel programma sono state già approvate come leggi e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, anche se il parlamento non ha avuto l’opportunità di mostrare un consenso unanime. In ogni caso nel quartiere dobbiamo recitare la nostra parte e ripetere il solito copione. Negli ultimi dieci anni non si è mai tenuta alcuna riunione del solo partito legale nel mio paese, ma adesso pare che l’ideologia comunista sia la cosa meno importante. Per strada corre voce che cambieranno persino il nome del partito.
Ma la gente è stanca. Da tempo il popolo non riconosce il socialismo neppure nei libri, perché la storia della rivoluzione cubana ricorda troppo la storia del monopolio capitalista del secolo XIX. Nel parlamento nessuno è stato giudicato “non idoneo” o “non affidabile”, così come nessuna nomina dei delegati all’Assemblea Nazionale è stata ridotta secondo il criterio delle “piante organiche sovrabbondanti”. Non ci saranno neppure 500.000 posti da rappresentante del CDR (Comitato di Difesa della Rivoluzione) che resteranno “vacanti”. Per questo il clima della riunione pare teso sin dal cartello che si chiede “se passerà la lista di assistenza”.
Mi dicono i miei amici (nel mio quartiere la riunione ancora non ha avuto luogo) che l’ambiente si è surriscaldato: una pensionata ha detto che era l’ora di vedere i giovani alla guida del paese, un altro ha ribadito che era stanco di discutere pianificazioni e riforme che non cambiavano mai niente, una signora ha dichiarato di abbandonare il locale e che non contassero su di lei fino a quando non si fosse parlato di aumenti salariali; il rappresentante del Partito, una volta finita l’assemblea, ha mormorato che era l’ultima volta che convocava il gruppo.
Il governo di Raúl Castro deve fare i conti con un popolo stanco, scettico e annoiato di vedere così tante volte la stessa pellicola.
La cecità del potere non ha limiti, l’altro giorno ho saputo che il figlio d’un importante militare (non mi hanno voluto dire il nome) si lamentava perché le toppe per pantaloni usa e getta sono carissime e difficili da reperire. Suo padre gli ha chiesto: “Scusami, ma non le danno con la tessera del razionamento?”.
Traduzione di Gordiano Lupi - www.infol.it/lupi
domenica 26 dicembre 2010
Parole di Luis Alberto Garcia
Anche se ho ricevuto un invito via e-mail e diversi sms di amici per andare al Premio Nazionale delle Belle Arti concesso alll'artista René Francisco, non ci sono andata. Da quel concerto di Pedro Luis Ferrer in cui ho scoperto che il mio ingresso al Museo Nazionale di Belle Arti e ad altre istituzioni della cultura cubana era stato proibito, mi ha invaso una strano "perché se c'è la bandiera, non lo so, Io non riesco ad entrare"* .
Ora il mio rapporto con l'arte del mio paese è diventato sottile e intimo, pezzi di eventi pubblici mi arrivano tramite cavi e porte USB. Probabilmente ascoltare Luis Alberto Garcia in vivo è molto più eccitante che con le cuffie nella solitudine di casa mia. Tuttavia ho deciso che finché la libertà di espressione a Cuba non sia più di una performance, io non vi parteciperò.
* Ci si riferisce alla poesia di José Marti "EL ALMA TRÉMULA Y SOLA" e ci si riferisce alla bandiera spagnola.
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El alma trémula y sola
Padece al anochecer:
Hay baile; vamos a ver
La bailarina española.
Han hecho bien en quitar
El banderón de la acera;
Porque si está la bandera,
No sé, yo no puedo entrar.
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Han hecho bien en quitar
El banderón de la acera;
Porque si está la bandera,
No sé, yo no puedo entrar.
martedì 21 dicembre 2010
C'è stato un concerto
Lo scorso week-end hanno suonato La Babosa Azul e Porno Para Ricardo in un lontano locale della periferia dell'Avana. Il concerto è stato stra bello , ancora mi fanno male le gambe di tanto ballare e sono rauca di tanto cantare “El Comandante”.Non appena i kilobyte me lo permetteranno, caricherò un video del concerto e poi mi prenderò delle ferie natalizie.
Preparando il concerto |
venerdì 17 dicembre 2010
L'etica addormentata
Foto: Lia Villares http://habanemia.blogspot.com
Il mio amico mi dice che la mia risposta è alquanto vigliacca e probabilmente ha ragione.Non mi piace dire alle persone ciò che considero etico, sono sicura che anche loro sono d'accordo con me su questi argomenti e per motivi lontani dall'etica , prendono altre posizioni.
Credo che sto diventando radicale. Quando studiavo storia a scuola mi dicevano che era qualcosa di buono. Sarà vero?
martedì 14 dicembre 2010
Placebo
Ricordo ancora come in pieno Periodo Speciale la mia casa si stava deteriorando davanti ai nostri occhi. I muri si scrostavano, le lampadine si bruciavano a poco a poco, le porte e le finestre di legno marcivano e in generale tutto si impoveriva troppo in fretta per la mia mente da bambina. A volte mi chiedevo perché il mondo stava diventando così brutto nel tempo, e non era un riflesso soggettivo. Non ho mai potuto rispondermi.Poi cominciò anche il caos in casa mia. Sembrava che le cose non "ci stessero" da nessuna parte. C'erano scatole, vestiti, carta e spazzatura ovunque. La cosa peggiore era che la stessa cosa stava succedendo fuori.
Mia madre, nel frattempo, non smetteva di segnare lo spazio con quello che ha definito "cambiamento". Una volta al mese, spostava tutti i mobili nella casa da un posto all'altro. La poltrona marcia di bagassa si poteva trovare fuori all'ingresso dell'appartamento a gennaio, accanto al telefono a febbraio, tra il soggiorno e la sala da pranzo a marzo o ad aprile sul balcone. I vicini erano entusiasti con la sua perseveranza e, talvolta, quando venivano a casa gridavano: "Ma se sembra che tutto sia nuovo! Come hai fatto? ". Ora che gli anni sono passati, quella frase che mi fa venire una strana tristezza : lei impotente di fronte alla caduta del suo mondo casalingo, spostando le cose da un posto all'altro, come se così facendo potesse fermare l'inevitabile declino -io, invece, super felice al suo fianco, orgogliosa di avere una madre maga mentre le vicine simpatizzanti solidarizzavano col miraggio che lanciavamo sulla nostra crescente povertà.
La ringrazierò sempre per aver tentato, senza vacillare per un istante, di rendere la mia vita più facile in mezzo a tanti problemi : non avere le scarpe per andare a scuola, non avere un cappotto, non avere il latte per la colazione, infine, non avere assolutamente niente. Se Io fossi un giorno al suo posto spero di avere l'equilibrio di essere con me stessa e con gli altri esattamente come lo fu lei.Tuttavia non smetto di capire ora, dopo tanto tempo e nella mia età adulta, che ci siamo nutriti di un placebo infinito che non avrebbe mai risolto i nostri problemi e se guardo su larga scala, è lo stesso placebo che sta consumando la nostra nazione: cambiare le cose che non dovrebbero essere cambiate.
Mia madre, nel frattempo, non smetteva di segnare lo spazio con quello che ha definito "cambiamento". Una volta al mese, spostava tutti i mobili nella casa da un posto all'altro. La poltrona marcia di bagassa si poteva trovare fuori all'ingresso dell'appartamento a gennaio, accanto al telefono a febbraio, tra il soggiorno e la sala da pranzo a marzo o ad aprile sul balcone. I vicini erano entusiasti con la sua perseveranza e, talvolta, quando venivano a casa gridavano: "Ma se sembra che tutto sia nuovo! Come hai fatto? ". Ora che gli anni sono passati, quella frase che mi fa venire una strana tristezza : lei impotente di fronte alla caduta del suo mondo casalingo, spostando le cose da un posto all'altro, come se così facendo potesse fermare l'inevitabile declino -io, invece, super felice al suo fianco, orgogliosa di avere una madre maga mentre le vicine simpatizzanti solidarizzavano col miraggio che lanciavamo sulla nostra crescente povertà.
La ringrazierò sempre per aver tentato, senza vacillare per un istante, di rendere la mia vita più facile in mezzo a tanti problemi : non avere le scarpe per andare a scuola, non avere un cappotto, non avere il latte per la colazione, infine, non avere assolutamente niente. Se Io fossi un giorno al suo posto spero di avere l'equilibrio di essere con me stessa e con gli altri esattamente come lo fu lei.Tuttavia non smetto di capire ora, dopo tanto tempo e nella mia età adulta, che ci siamo nutriti di un placebo infinito che non avrebbe mai risolto i nostri problemi e se guardo su larga scala, è lo stesso placebo che sta consumando la nostra nazione: cambiare le cose che non dovrebbero essere cambiate.
venerdì 10 dicembre 2010
In ginocchio
Foto: Claudio Fuentes Madan
Una pagina intera del Granma del 9 novembre: trascrizione del discorso di Bruno Rodriguez sul cambiamento climatico e sulla prima pagina Raul Castro con il presidente di SudAfrica e Machado Ventura a Pinar del Río. Ovviamente, nemmeno una sola parola sulla vigilia della Giornata dei diritti umani.
Un mio amico studente di giurisprudenza mi ha mandato questo sms questa mattina: "Io sono sulla scalinata con gli studenti che sono in attesa delle Dame in Bianco. Ne sai qualcosa? Cosa si può fare? Il primo che alzi la mano vincerà un mio pugno in faccia ". Troppo cinismo, direi io, il fatto di scegliere per un atto di ripudio, proprio il 10 dicembre, gli studenti di giurisprudenza presso l'Università dell'Avana. Sono loro gli avvocati che ci difenderanno domani, coloro che oggi trascorrono il pomeriggio diffamando le donne i cui cari sono e sono stati condannati per reati di opinione?.
Cuba ha firmato le convenzioni Onu sui diritti umani. Fino a dove arriva l'ipocrisia del governo cubano quando reprimere chi la pensa diversamente? Mentre a Ginevra, il ministro degli Esteri fa delle acrobazie semantiche per giustificare il sistema totalitario che rappresenta. Per le strade di Cuba la polizia politica dimostra che i nostri diritti umani , con patti dell'ONU o senza, sono sempre in ginocchio.
giovedì 9 dicembre 2010
Quali cambiamenti?
Foto: Claudio Fuentes Madan
Ho fatto fatica a leggere le undici pagine di "Trasformazioni Necessarie nel Servizio Sanitario Nazionale".
Ho l'impressione che se togliessimo dal testo tutte le apologie ideologiche come "la direzione del nostro glorioso partito" oppure "la grande responsabilità storica che abbiamo con il futuro della patria", ne rimarrebbe al massimo tre pagine .
Purtroppo la capacità di sintesi non è mai stata una virtù di coloro che ci governano.
Come se non bastasse a peggiorare le cose, no c'è niente di concreto in quel testo tranne che degli spostamenti di équipe e del personale da un posto all'altro, il noto e prioritario aiuto "internazionalista" e una strana insinuazione che ci sono degli esuberi di medici, dico strana perché a dire il vero non me la aspettavo.
Non c'è una frase che parli specificatamente di un aumento salariale per i lavoratori del Ministero della Salute, per non parlare di una garanzia della qualità dei servizi ai cittadini.
C'è addirittura una frase delirante (semantica e grammaticalmente parlando) sull'etica medica: "La Commissione Etica Medica non deve agire come un tribunale, ma dovrebbe essere vista come una Commissione Ideologica".
Qualcuno può immaginare le conseguenze pratiche di una tale frase?
Più della stessa minestra e ancora vogliono chiamarla trasformazioni.
A volte mi chiedo se davvero, anche con la volontà politica, il governo mai riuscirà a mettere a posto la debacle che ha costantemente creato nella sanità pubblica.
lunedì 6 dicembre 2010
Gli inciampi della principessa
Foto: Claudio Fuentes Madan, de la serie "Con jamón, lechuga y petipuá"
Non è la prima volta che mi sento di dire a Mariela Castro che sarebbe dovuta rimanere in silenzio.
Una reazione molto strana in me perché di solito cerco di incoraggiare gli altri ad esprimere quello che vogliono.
Tuttavia,con lei mi riesce difficile perché la decenza, per i personaggi pubblici della politica come lei, è essenziale.
La prima volta è stata quando ha chiamato Yoani Sánchez Galletto insignificante.
E' abbastanza vergognoso che un politico insulti una giornalista per causa di una domanda scomoda ma che la figlia dell'erede dia dell'insignificante a un cittadino cubano è stato, senza dubbio, l'apice del cinismo da parte della nomenclatura.
Va chiarito che la domanda dell'autrice di Generaciòn Y non è stata così scomoda come sarebbe potuta essere e la reazione eccessiva di Mariela dimostra l'allergia che le produce la stampa libera.
A mio parere una domanda davvero difficile sarebbe stata, per esempio, chiedere perché la CENESEX non presenta al governo una richiesta di risarcimento a nome degli omosessuali che hanno subito repressioni e maltrattamenti negli anni sessanta, settanta e ottanta e meritano una compensazione e delle scuse ufficiali.
In tal caso, la nostra principessa, credo, avrebbe sicuramente infartato.
Adesso, la CENESEX ha nella sua home page questa dichiarazione.
Mi fa ricordare una barzelletta molto popolare: il periodo speciale non mi porta benefici nè mi danneggia ma tutto il contrario.
Si scopre che Cuba ha l'esclusività di essere l'unico paese di America Latina che si somma al "voto del gruppo di paesi che includono l'omosessualità come un crimine sotto la loro legge, compresa l'applicazione della pena capitale in cinque di loro ".
V a ricordato che il CENESEX è l'unica istituzione riconosciuta dal governo che rappresenta presumibilmente i diritti degli omosessuali. Che indecenza!, amici miei,leggere una tale frase sulla pagina del "Centro Nazionale per l'Educazione Sessuale", e firmata dalla sua direttrice!
sabato 4 dicembre 2010
Dalla negazione della negazione alla negazione dell'ovvio
Foto: Claudio Fuentes Madan
Io sono stata fortunata: ho finito la scuola media con un insegnante per ogni materia.
Qualche anno dopo, cominciò la debacle degli insegnanti emergenti condannati alla non specializzazione.
Lo stesso insegnante doveva impartire le materie scientifiche e artistiche di tutta la scuola media.
La vecchia guardia dell'istruzione indietreggiò intimorita (esperienza, madre di scienza!) e la maggior parte degli insegnanti passò ad un altro livello di insegnamento, si licenziò o andò in pensione dopo una lunga carriera sempre sottopagati.
Dopo aver spento la voce dell'esperienza, il Ministero della Pubblica Istruzione diede libero sfogo alla sua fantasia degli assurdi e, dopo le lezioni senza specializzazione, passammo alle lezioni in diretta tv.
A peggiorare le cose, i salari da fame e le cattive condizioni delle aule rimasero come prima.
Finiva l'era accademica ed entravamo nell'era ideologica: più politica e meno istruzione.
Tanto va la gatta al lardo, che ci lascia lo zampino e gli insegnanti emergenti si sono stancati in fretta di una professione faticosa e poco profittevole e il governo ha deciso di punirli con sette anni di servizio sociale obbligatorio in classe.
La corruzione, la negligenza e la mediocrità si sono insediate dove un tempo regnava la saggezza e l'insegnamento.
I genitori con più possibilità economiche mandano i figli a fare ripetizioni in privato e gli altri si sono rassegnati a cambiare di scuola i loro figli ad ogni occasione.
Adesso è venuto in mente a qualcuno di provare una "nuova" ricetta: l'insegnamento specializzato. Ora torniamo ai tempi in cui l'insegnante di matematica si occupa solo di numeri, non di sintassi o date storiche.
Quattro o cinque scuole all'Avana servono come cavie per questo "esperimento senza precedenti" e i genitori, tra di loro alcuni amici miei, fanno l'impossibile perché i loro figli siano tra quelli scelti per " testare la nuova formula".
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