Foto: Lia Villares
Dopo sei anni di studio hanno ricevuto un titolo e hanno prestato giuramento.
Un giuramento redatto secoli fa da Ippocrate e immortalato dall'Etica .
Loro lo hanno promesso e Noi gli abbiamo affidato le nostre vite, le nostre intimità, le nostre debolezze e le nostre malattie, e loro avrebbero provato a curarle.
Quando la legislazione di un paese non è rispettata dal governo, i diritti dei cittadini sono calpestati come mosche dal Potere, l'illegalità è una necessità per la sopravvivenza, il dissenso è un reato e la libertà di parola è un reato; bisogna avere l'onore e il coraggio di mantenere i propri principi al di là del disastro sociale.
Che un medico racconti l'intimità o la malattia di uno dei suoi pazienti è un oltraggio, ma che arrivi al punto di squalificarlo e mentire a proposito della sua condizione di salute è un crimine.
Chiunque tra coloro che si definiscono medici, davanti a una telecamera rompa la promessa allora fatta, quell'impegno che si è preso con la storia della medicina universale, è una vergogna per il suo albo e per se stesso.
Le loro mani dovrebbero tremare anche quando fanno una ricetta di meprobamato, perché loro non hanno la statura morale di praticare questa professione così lodevole.
Dovrebbero avere il coraggio di tornare a casa e strappare dal muro il titolo che hanno tradito, perché loro non sono più quelli che dovrebbero curarci.
mercoledì 8 marzo 2006
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