sabato 8 marzo 2003
La solidarietà di Coco
Hebert, Leah e io eravamo l'immagine stessa dell'impotenza.
Avevamo lasciato l'Avana dopo mezzanotte e girovagavamo -finalmente-per Santa Clara, cercando il destino incerto di Ciro e Claudio, che erano stati arrestati a Placetas.
L'Avevo visto solo una volta di passaggio.
Non potevo immaginare che mesi dopo sarei stata all'uscio della sua porta, alle quattro del mattino,schiacciando il campanello con tutte le mie forze.
Sua madre mi ha aperto la porta:
–
"Buongiorno, sono Claudia, sto cercando Farinas.
Vengo da L'Avana, mio marito è imprigionato nel carcere Villa di qui, credo."
Coco è sceso, ci ha dato del caffè, mi haprstato il telefono, ci ha raccontato la sua vita, ci ha spiegato come raggiungere la stazione e mi ha offerto tutta la sua ospitalità, vorrei avere la grandezza d'anima che ha lui per aprire la porta a uno sconosciuto -con tanto buon umore all'alba!
Mi ha convinto ad aspettare fino all'alba e quando quasi me ne avevo quasi detto:
- Non mi piace l'idea di lasciarVi andare da soli alla stazione, mi vesto.
Ho scoperto che camminava per la città con una stella: tutti lo salutavano, lo conoscevano, gli chiedevano di qualcuno.
Da quando sono entrata in casa sua ho avuto l'assoluta certezza che con lui nulla di male mi sarebbe accaduto, e non mi ha deluso .
Oggi abbiamo parlato al telefono.
Anzi, ha parlato lui , perché non smetto di piangere mentre mi dice che gli fanno male gli occhi e i reni, che si addormenta tutto il tempo e che le pressioni gli si stanno avvicinando.
Mollo il cellulare e glielo passo a Ciro, mi vergogno del fatto di non poter mantenere mantenere un dialogo coerente.
Non so che cosa'ltro dire ... non vorrei che morisse.
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