domenica 27 dicembre 2009


Foto: Claudio Fuentes Madan

Ringrazio a tutti coloro che leggono il mio blog, che traducono i miei post, per la vostra solidarietà nei momenti difficili, che sono i più duri e quando ci si sente più soli.
Auguro un anno bello e buono a tutti coloro che condividono questo spazio virtuale, e soprattutto un anno di cambiamento, il cambiamento che ci aspettiamo.
Speriamo che nel 2010 Octavo Cerco non sia più un grido di libertà senza libertà ma di libertà nella libertà.
Prenderò delle ferie fino al Primo dell'Anno, lascio qui un cartellone rappresentativo dello spirito di Natale qui a L'Avana.

BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO

Nota: Il blogger Luis Felipe è già stato rilasciato, spero che questa fine dell'anno la blogosfera possa dormire tranquillamente: peccato che la Sicurezza dello Stato non si prenda delle ferie, visto che ne hanno bisogno.

mercoledì 23 dicembre 2009

Natale


Arbolito de Lía Villares

Ho un mix di nostalgia e gioia ogni volta che finisce l'anno, può sembrare banale, ma io sono una che ama il Natale. Forse l'origine può essere  nell’assenza di decorazioni natalizie in cui vivo, nella mancanza di gioia e in molti modi l'apatia culturale che nel mio paese si offre a questo festeggiamento mondiale.

Neanche la fine del secolo scorso abbiamo potuto festeggiare, per colpa della fase matematica di Fidel Castro che  ha deciso che il nuovo secolo cominciava nel 2001 e non nell'anno zero. Un solo  uomo privò  11 milioni del passaggio di millennio. L'anno successivo, naturalmente, nessuno avrebbe festeggiato  il nuovo secolo, sarebbe  stato ridicolo.

Un gruppo di amici ci rifiutiamo di prendere il 24 dicembre come una giornata qualsiasi. Da quasi dieci anni ci incontriamo per la cena della vigilia, giochiamo  alla normalità, alla famiglia unita, agli amici per la pelle. È impossibile non notare le vittime ogni dodici mesi: dieci anni fa eravamo in quindici , quest'anno saremo in sette e  sappiamo già che due di loro non ci saranno il prossimo 24.

Continuerò ad aspettare, non importa quanto manchi, il giorno in cui ancora una volta ci saremo in quindici, il passaggio del secolo glielo lascio  ai miei nipoti, affido loro il compito di festeggiare  in nome di sua nonna, che ha vissuto quando il tempo era  gestito da un uomo.


martedì 22 dicembre 2009

Lettera aperta a Fernando Rojas


Fernando Rojas:

 Mi rivolgo a lei con l'intenzione di darLe dei consigli. Diciamo che con i miei 26 anni ho deciso oggi di farLe per un momento da madre o da coscienza, a Lei la scelta. Così, scrivo a Fernando Rojas, l'uomo e non il viceministro della Cultura, colui che forse più di una volta durante l'infanzia, si è sentito dire dalla madre: "Fernandito, non si picchiano le bambine".

Dicono-e Lei sa quanto pesa all'Avana la terza coniugazione del plurale del verbo dire ", che durante la tristemente celebre riunione  che Lei ha avuto con  gli artisti del gruppo di performance  OmniZonaFranca, una delle ragioni espresse per  bandire Il  Festival della Poesia senza Fine dalle istituzioni cubane, era che i ragazzi si  incontravano con la  blogger Yoani Sánchez. Non conosco le risoluzioni e le leggi che il suo ministero si è aggiudicato per limitare le attività e  l'ingresso ai suoi stabilimenti, ma non voglio parlare di leggi, perché nelle acque della leggi, Rojas, è da molto tempo che il  suo ministero non fa  il bagno.

Ciò che mi preoccupa è la minaccia: "Se Yoani Sanchez viene, la meno io stesso con un bastone.".Parole gravi, Fernando, per un uomo. Ma ancora più gravi per un viceministro, che secondo voci di corridoio “cultorosi” - mira a eliminare il prefisso vice dal suo incarico. Ma questo non è un rimprovero, ma piuttosto un invito alla ragione, alla civiltà, all’intelligenza. Le rammento che per quelle funzioni, il governo ha i paramilitari, “ Le Brigate di Risposta Rapida “ , e come ultimo ricorso, il CIM (controspionaggio militare). Non mi sembra opportuno che un funzionario si  assuma questi compiti per conto proprio, e ancor meno che li annunci in anticipo, questi potrebbero arrivare a orecchie inadeguate e  filtrarsi in Internet.

 Direi che non Le conviene un clima di terrore sulla sua persona, dopo tutto, tutti sanno che Yoani Sanchez è una scrittrice e Lei il viceministro della Cultura, l'immagine del colpo col bastone  risulta alquanto  imprudente  e deplorevole.

D'altra parte, forse sto sbagliando e il suo incarico di vice non è altro che un alibi, allora Lei apparterrebbe a una delle organizzazioni di cui sopra che si occupano di malmenare le persone civili. In questo caso la sua colpa sarebbe probabilmente la sua indiscrezione, perché dopo aver minacciato pubblicamente di attentare contro l'integrità fisica di un cittadino, sarà difficile  credere, Fernando, che Lei non è altro che  un funzionario del Ministero della Cultura.

Cordiali saluti,
Claudia Cadelo De Nevi Cadel Claudia De Nevi


sabato 19 dicembre 2009

La delusione


Foto presa da Generación Y

Ogni volta che sento dire al telegiornale "Risposta del popolo combattente  alle attività di piccoli gruppi controrivoluzionari", lei mi chiama terrorizzata. Le spiego che non tutti gli abusi e le vessazioni dei paramilitari per le strade sono rivolti  contro  la mia persona, non avrei più la capacità fisica di scrivere questo, ma non lo capisce: l'amore di  madre è così.

Lei non c’era negli anni '80 a Cuba, quando vi è arrivata, glielo hanno  raccontato ma lei non ci credeva. Con il tempo  finì per ricordare le storie dei raduni di ripudio, come si ricordano le favole antiche, reali ma non vissute, legate allo scetticismo materialista: vedere per credere.

Ma il materialismo l’ha abbandonata, nel pieno del “ Periodo Speciale” ha scoperto che la Fede può evitare la follia e l’avitaminosi. Le riunioni del PCC si sono trasformate  in sedute  spiritistiche, lezioni di yoga e corsi di guarigione con le mani. Un giorno si rese conto: a volte il mondo inanimato è più trasparente e chiaro del linguaggio cosciente che non porta da nessuna parte.  Ha vinto una fede  ma ha perso un'altra: non crede più negli esseri umani, in nessuno.

 Il Venerdì, 11 dicembre ha visto per la prima volta, al telegiornale delle otto, quel che ho battezzato L'Orda e i suoi sopravvissuti:"Le sigonere in Bianco"  (Las Damas de Blanco) nel bel mezzo di un mucchio di donne deformato dall'odio.Un mare increspato e una piccola barca bianca in mezzo a malapena galleggiante: un ritorno all'animalità, alla legge della giungla, il ricorso alla violenza come prima risorsa, all'esaltazione suprema della infinita stupidità umana.

 Le ho raccontato qualche barzelletta piccante, e so che le piacciano, ma non ha reagito. Ho pensato che tutto fosse morto in lei ma sbagliavo, non  saprò mai quanto di umanità le restava ancora, in quel momento ero sicura che l'aveva persa. Guarda fuori dalla finestra e non capisce niente, si chiede "chi" e solo una risposta mi viene in mente, "tutti". Da ora in poi, lo so, la sua solitudine sarà incommensurabile, è il prezzo per essersi delusa troppo, troppe volte.


giovedì 17 dicembre 2009

Il sopruso





Non riesco a smettere di pensare che cosa farei se qualcuno bussasse alla porta di casa mia per togliere un pezzo del mio salotto, ma non trovo una risposta. Cerco di immaginare ciò che provano i miei amici a Pinar del Rio, ma non ci riesco.
Semplicemente ci sono momenti in cui l'oltraggio e il sopruso diventano ineffabili.

Denuncia di Karina Gálvez per Convivencia

Oggi mi ricordo degli espropriati di Cuba del 59 e 60. Vedere le proprietà di chi ha lavorato per anni cadere nelle mani di coloro che non avevano il diritto, sapevo che doveva essere stato molto difficile. Ma una cosa è sapere e un'altra è viverla.
Le parole del direttore della scuola dove lavoro, mi fatto ricordare i giorni da studente: Karina, prendi le tue cose e andiamo un attimo alla all’ufficio del Direttore. Non mi è mai passato per la mente il vero motivo. Sono rimasta più sorpresa quando il signore che mi aspettava mi ha detto che lui era il direttore di Scienze della Formazione della città di Pinar del Rio e che mi stava portando a casa, perché l'amministrazione comunale del catasto gli aveva chiesto di portarmici per alcune “formalità. Qualcosa di assolutamente insolito. Ho chiesto, mi sono stupita, mi sono allarmata, ma lui non diceva nulla.

SMS da
Dagoberto Valdés

– Confiscato il cortile di Karina. Stanno aprendo una porta accanto per costruire un magazzino di Cimex, perché le hanno confiscato il cortile.
- Inizia il rumore di nuovo. Aprono le fondamenta per costruire un muro di blocchi di cemento. Rumore durante la notte, torture psicologiche.
Capo dice agli operai che il muro deve essere finito per questa sera.

Solidarietà in
Generazione Y

*Il sopruso: ultimo disco di Los Aldeanos



martedì 15 dicembre 2009

Festival della Poesia senza fine







Tra la poesia, risate, musica, caffè e tè sono stata il pomeriggio di Lunedì 15 dicembre,all'apertura del Festival di Poesia senza fine. Non estato possibile realizzarlo, dovuto alla censura istituzionale, nella casa della cultura di Alamar dove normalmente fanno letture di poesie. Ciò nonostante , la casa di Davide, un membro del gruppo Omni-Zona Franca ha ricevuto i poeti e gli appassionati di poesia.

Micro Diez in Alamar potrebbe sembrare orribile a prima vista, ci sono posti all’Avana dove è molto difficile permutare casa: Alamar y El Reparto Eléctrico. Ma oggi sono uscita con assoluta certezza che, in fondo, Alamar non è così male: ciò che manca in estetica alla città abbonda nella creatività e la solidarietà dei suoi vicini.

Potrei prendere felicemente ogni giorno della mia vita il pullman P11 solo per le letture del poeta Manuel González Bustos e sognare per mezz'ora che sono Gisselle, la musa olandese che ispira le sue lettere, per ascoltare Francesco Sanchez con la speranza di cogliere nei suoi versi la storia di Ciego de Avila, per urlare a squarciagola Voglio Amore! nei cori di Davide e per chiudere gli occhi quando Amaury Pacheco suona i sonagli.

Pero por encima de todas esas cosas –al final no puedo negar que leer debajo de la lámpara es formidable- quiero vivir en un barrio donde los vecinos, cuando sean convocados a participar en un mitin de repudio, se opongan a hacerlo, donde discutan y argumenten con la delegada las razones de la negativa, como lo hicieron esa tarde los vecinos de David. Ma oltre tutte queste cose, alla fine, non posso negare che leggere sotto un lampione è impressionante, voglio vivere in un quartiere dove i vicini, quando saranno chiamati a partecipare ad una manifestazione di ripudio, si oppongano, e che chiedano spiegazioni al rappresentate del quartiere riguardo a qualsiasi rifiuto, come hanno fatto l’altra sera i vicini di David. Questa è la Cuba in cui voglio vivere, quella che mi rifiuto di smettere di immaginare, quella che un giorno senza alcun dubbio, non solo si impegnerà con la poesia, ma con tutte le altre libertà, forse più profane-che vorrei come essere umano.

lunedì 14 dicembre 2009

Notti in uniforme militare



 Chi va al cinema per il Festival del Cinema Latinoamercano in questi giorni, o semplicemente fa quattro passi lungo via 23, rimane sorpreso dalla presenza sempre crescente di personale militare.
  Ormai non sono  solo i poliziotti ma anche giovani vestiti con divisa verde oliva, saranno potenziali cadetti o fanno parte del servizio di leva?. Ho sentito di alcuni incidenti dai commenti di amici e conoscenti: adunate di ripudio, la cancellazione di eventi culturali promossi perfino in televisione, tra cui il Festival di Poesia senza Fine che ha luogo da anni ad Alamar.
  Come se non bastasse,  mi  raccontano delle urla offensive e umilianti.
   Le autorità, in divisa e non, hanno perfino malmenato i cittadini,  per far tacere gli  atti di manifestazione civica.
Ma al di là di tutto ciò che mi hanno raccontato, ho potuto verificare da vicino con i miei propri occhi, in solo due notti , degli incidenti che avrebbero lasciato a bocca aperta  i passanti.
Uno di essi ha avuto luogo all'ingresso del cinema La Rampa, che si è concluso con l'annullamento del film Anticristo, tanto atteso da molti. Ogni notte, con la volontà di controllare l'ingresso della folla al cinema, si radunano i poliziotti e militari sopra menzionati.
 Venerdì scorso ci sono stati degli spintoni tra il pubblico  e loro, più scaldati delle notti precedenti:volti aggressivi che si affrontavano, risate nel vedere come un agente non era in grado di controllare la situazione,qualcuno che cadeva per terra, perfino delle ciabatte perse sul pavimento.
 Siccome  non erano abbastanza per controllare la folla, hanno chiesto rinforzi  e un'altra volante è arrivata con un  buon numero di sbirri di ogni genere.Senza alcuna motivazione, hanno trascinato  un ragazzo di circa 20 anni verso la volante e  hanno  perquisito la sua borsa.
 Alcuni  amici del ragazzo  hanno chiesto rispettosamente una spiegazione del perché lo facevano, che dovevano dire dove lo portavano e perché, anche qualcuno ha chiesto le generalità dell'ufficiale.Si sono anche  avvicinate delle persone meno giovani domandando la causa dell'arresto.
Tanti hanno cominciato ad urlare che quello era abuso di potere, violazione della Costituzione, dando loro dei "linciatori".
 Un giovanotto del Ministero degli Interni,MININT, chiede chi gli ha dato del linciatore per dimostrargli che cos'è veramente un linciaggio.Sono rimasta allibita davanti a queste minacce di stupido bullismo.
L'ufficiale, un uomo di circa quarantacinque anni, a quanto pare era molto arrabbiato dalla piega che stava prendendo la situazione in  quel pezzo della strada. Ha cominciato ad innervosirsi e ho percepito  che diceva qualcosa al giovanotto  trattenuto in modo aggressivo. Nella  faccia dell'ufficiale c'era solo ira, il giovanotto ha risposto alla  sua domanda e lì per lì l'ufficiale lo aggredisce, mettendolo a suon di calci nella volante, portandoselo via.
 Gli amici chiedono agli spettatori radunati intorno di marciare verso la stazione della polizia vicina, dove avrebbero dovuto portare il giovanotto, per  far valere i suoi diritti.
 Alla fine  tutti si sono dileguati e,  come ho detto, il film non è stato proiettato quella sera.
Il giorno dopo, abbastanza tardi, esco dal cinema e passando per l'incrocio di via 23 e G, di ritorno a  casa,  guardo stupefatto il muretto rivestito di pietre per evitare che la gente che si raduna attorno, ci si sieda sopra .
Ma proprio sul bordo della strada c'è qualcosa di ancora più sorprendente.Ci sono circa cinque poliziotti, uno con una chitarra in mano, lo trovo molto strano, dal suo viso si capiva che non aveva alcuna intenzione di deliziarci con una canzone, il fatto è che gliela voleva sequestrare a uno dei ragazzi del gruppo intorno a lui .
 Dopo essere stata lì per circa mezz'ora ad ascoltare le richieste e le lamentele di coloro  che si sono aggiunti , i poliziotti hanno chiamato una volante che si è portata via  la chitarra e il suo proprietario alla stazione  della polizia locale.
È incredibile come una cosa così innocente come suonare la chitarra in un angolo dove si incontra una gran parte dei giovani dell'Avana sia un atto criminale e anche il fatto che si arroghino il diritto di confiscare l'oggetto di distrazione di questi ragazzi. Che qualcosa di così innocente come sedersi su un muretto a suonare delle canzoni  possa minacciare l'autorità è qualcosa di cui preoccuparsi.
   Cosa faranno?, confischeranno tutte le chitarre di coloro che intrattengono le loro notti e quella degli altri in questa città?
  Provocheranno costantemente l'impotenza di alcuni e la sfida di tanti altri che urlano  loro in faccia l'abuso di potere che commettono ogni giorno?

giovedì 10 dicembre 2009

Diritti Umani


Oggi non volevo scrivere, non sapevo come iniziare un testo per il 10 di dicembre.
Non so come esprimere in questo blog che i diritti umani nel mio paese, hanno perso il loro significato.
Abbiamo dimenticato tutto ciò che è implicito in queste due parole e restiamo
con quelle che l'esperienza ci ha stampato a calci nel corso degli anni: la paura e la paranoia.
Ho finito per pensare che sono gli unici due diritti che ci restano.
Di tutti gli altri che possono esistere, una metà è stata dimenticata e l'altra vietata,che, in definitiva, è quasi la stessa cosa .
Quando esco di casa e vedo coloro che in qualche modo esercitano il loro po'di potere - funzionari, poliziotti, giornalisti, burocrati, medici, insegnanti, -e li vedo calpestare i diritti dei loro concittadini e, talvolta, anche i loro, mi chiedo se sanno cosa stanno facendo, se ne hanno coscienza.
Forse la mia teoria è ingenua, ma ho la sensazione che dopo 50 anni di assolutismo abbiamo
completamente dimenticato che cosa significano Stato di diritto, Giustizia, i Diritti Umani.
Tutto sembra fantascienza ... diritto a cosa?
Così domani, per la maggior parte dei miei vicini è una giornata tipica,
alcuni dei miei amici verranno perseguitati dalla polizia e altri visitati dalla Sicurezza dello Stato,
speriamo che nessuno venga malmenato per avere scattato una foto al posto sbagliato, il Festival del Cinema continuerà il suo corso e nessuno chiederà perché per vedere una funzione al cinema Chaplin bisogna passare davanti a un cordone militare.


lunedì 7 dicembre 2009

Lettere al Presidente, un documentario di Petr Lom


Tra le tante informazioni riprodotte su penne USB, ultimamente vi è una tendenza verso i documentari che demistificano le dittature.Ne ho ricevuto uno eccellente, sulle lettere scritte dagli iraniani al presidente Ahmadinejad. Milioni di persone danno forma alle loro esigenze, dubbi, delusioni e miserie su un foglietto di carta con la speranza che questo uomo onnipotente dedichi un attimo del suo tempo a occuparsi dei loro problemi.

Le lettere vanno a finire in una sorta di ministero denominato "Centro di Processamento di lettere presidenziale," il non plus ultra della burocrazia. Esse sono separate in due gruppi da trattare: le lettere scritte da donne e quelle scritte da uomini. Lungi dal cercare di creare una infrastruttura di governo che aumenti la qualità della vita dei cittadini, un ministero insufficiente inghiotte milioni di fogli di carta per esacerbare nel la gente l'illusione del “leader salvatore” e continuare a gettare le basi del culto della personalità. Ma né Ahmadinejad legge le lettere nè le persone credono alle risposte: recentemente migliaia di giovani si sono mobilitati per le strade di Teheran per far pressione al cosiddetto benefattore perché riconoscesse che non aveva vinto le elezioni e chidergli di ritirarsi dalla Presidenza.

I grandi Messia del potere politico non credono che a loro stessi, noi, "le masse",non possiamo essere padroni del nostro destino, noi abbiamo la capacità di costruire la nostra vita, dobbiamo aspettare il futuro brillante promesso da loro che purtroppo non arriva mai . "Lettere al presidente" mi ha fatto ricordare le lettere scritte da alcuni dei miei vicini di casa quando ero una bambina, al Comitato Centrale del Partito con le loro esigenze. E’ da molto tempo che non sento che qualcuno ne abbia mandata una, sembra che qui a Cuba abbiamo smesso di credere nel nostro " Centro di processamento".